28/11/2012 Maria Brutti 7639
La prima domanda introduce il problema della relazione tra la mediazione di Maria, così come affermata esplicitamente dalla Tradizione della Chiesa Cattolica (vedi in Lumen Gentium nr. 62 dove tra gli attributi a Maria nel culto è stato inserito anche quello di “mediatrice”) e l’affermazione ricordata di 1 Timoteo 2:5: “Uno solo è il Mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù”.
Secondo la teologia cattolica, queste due affermazioni non sono in contrasto fra loro perché, come ricorda anche un’altra enciclica pontificia (Redemptoris Mater nr. 38), la mediazione di Maria è strettamente legata alla sua maternità e non offusca l’unica e perfetta mediazione di Cristo, anzi ne favorisce l’efficacia, facilitando l’unione dei credenti in Cristo.
Questa è la dottrina cattolica, anche se dal punto di vista biblico non troviamo una affermazione diretta nel senso della mediazione di Maria.
Ma se dal punto di vista biblico, la prima obiezione ha un suo significato, mentre le altre due obiezioni debbono essere chiarite nel significato dei testi. In 1 Cor 15, 20 l’apostolo Paolo annuncia che Cristo è stato risuscitato dai morti ed è primizia di coloro che sono morti. Il termine “primizia” (aparché) indica la funziona prototipa di Cristo in relazione a tutta l’umanità: Egli è il primo di una lunghissima serie di morti che riavranno la vita. Cristo è chiamato “primizia di coloro che dormono” perché con lui inizia la risurrezione di tutti. Dunque anche Maria, partecipando alla vita del Risorto, è viva e può intercedere per noi. Secondo la dottrina cattolica, esercita un’azione di mediazione in quanto Madre di Cristo.
Il testo di 1 Tess 4,16 è invece da comprendere in un altro senso. Nella Prima Lettera ai Tessalonicesi, la più antica fra quelle scritte da Paolo, si avverte ancora molto forte il problema della parusia, cioè della venuta finale del Signore come imminente. La comunità dei cristiani di Tessalonica si chiedeva: Ma quando verrà il Signore, cosa accadrà a quelli che sono già morti? Risponde Paolo: i “morti in Cristo”, cioè coloro che sono morti nella fede del Cristo e quindi partecipano della sua morte e alla sua risurrezione, non avranno nessun svantaggio rispetto a quelli che saranno vivi al momento della venuta del Signore Se si legge il v. 4,14 si trova la chiara affermazione in questo senso: Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risorto, così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con Lui.
Nelle successive lettere di Paolo, l’idea della imminenza della parusia sarà man mano sostituita dall’affermazione della forza della risurrezione per tutti i credenti in Cristo (vedi, ad esempio, la Lettera ai Galati 2,19-21).
Studi, recensioni, "pillole"...
Ultime novità nel sito
- 19/04/2020: Articolo - L’enigma della Maddalena
- 23/02/2020: Articolo - Il locus amoenus nelle catacombe ebraiche e cristiane di Roma
- 16/02/2020: Articolo - Il profetismo nel Vicino Oriente antico
- 13/02/2020: Articolo - I Profeti della Cappella Sistina
- 09/02/2020: Articolo - Gerusalemme e la Terra Santa di Israele