Michel Sabbah, Patriarca
Israele 01/03/2006
1. Cominciamo la Quaresima, tempo di preghiera, di penitenza e di digiuno. Così come Gesù, rechiamoci nel deserto per porci più intensamente alla presenza di Dio, per adorare, contemplare e meglio accogliere la vita abbondante che Dio ci elargisce in ogni momento. I vangeli delle domeniche di Quaresima offrono quest’anno alla nostra meditazione: la tentazione, la trasfigurazione, i mercanti nel tempio, “Dio che ha tanto amato il mondo” e infine Gesù che sale a Gerusalemme prima della sua Passione.Meditando la parola di Dio in questi evangeli, constatiamo che la nostra vita è una lotta continua per perseverare nel nostro cammino alla presenza di Dio, una lotta per fare di tutti i momenti della nostra vita dei momenti di grazia e di trasfigurazione, dei momenti in cui abbiamo la possibilità di purificare il tempio del nostro cuore, per prendere migliore coscienza dell’amore di Dio per noi e per fare della nostra vita una salita incessante verso Gerusalemme. Per comunicare al sacrificio che ci ha riscattati e diventare noi stessi una mano tesa verso tutti, un cuore aperto per tutti e una parola che annuncia a tutti la salvezza e la riconciliazione.
2. Quest’anno il Santo Padre nel messaggio di Quaresima, ha voluto parlare dei poveri e dello sviluppo. Ci ricorda “il grido delle moltitudini affamate di gioia, di pace e di amore:::”. Ci ricorda realtà umane segnate dalla “desolazione della miseria, della solitudine, della violenza e della fame, che colpiscono senza distinzione vecchi, adulti, e bambini”. Di fronte a questo male, ci ricorda pure che “Dio non permette che si affermi l’oscurità dell’orrore”. Citando poi Giovanni Paolo II afferma: “C’è un limite divino al male, ed è la misericordia”; e con la misericordia c’è la capacità di amare e di fare quel bene che Dio ha posto nel cuore di ciascuno di noi.
Egli ha pure consacrato la sua prima enciclica all’amore nei suoi vari aspetti, in quelli della vita intima dell’uomo che l’unisce a Dio e al prossimo e della vita sociale in cui l’amore si esprime in azione e in progetti di sviluppo.
3. La nostra situazione qui a Gerusalemme e in tutta la regione fa parte del messaggio del Papa: paure, ansietà, insicurezza, e la ricerca di giustizia, di pace e di riconciliazione che resta un lontano miraggio. Le elezioni palestinesi hanno fatto emergere delle forze nuove che prendono in mano il nostro destino. Attendiamo le elezioni israeliane per vedere in quali mani sarà messa la nostra sorte. Di fronte a tutto questo, la nostra Quaresima ci dice che camminando alla presenza di Dio, camminiamo insieme con tutti gli uomini, quali che siano. Nel volto di tutti noi vediamo l’immagine di Dio e con tutti condividiamo gioie e sofferenze e continuiamo a costruire la nostra società, prendendo sempre di più coscienza della capacità di bene e di amore che Dio ha riposto in noi. E’ per questo che un cristiano non deve scoraggiarsi né aver paura.
In questa situazione sono molti i poveri fra di noi. I poveri che la situazione presente ha privato della libertà e dei mezzi sufficienti per la vita di ogni giorno; i poveri che non arrivano a rinnovare la loro fede e la loro speranza nell’ autentica comunione della vita parrocchiale.
4. Il nostro messaggio di Quaresima vuole prestare attenzione alla carità nella nostra vita di Chiesa. E’ vero che siamo una Chiesa povera che riceve, ma dobbiamo pure ricordarci che abbiamo la capacità di amare, e quindi di donare. La Caritas-Gerusalemme è un organismo che riceve; dovrebbe diventare la Caritas di una Chiesa di Gerusalemme che sa organizzare l’opera di carità dei propri fedeli, ricchi e poveri, per renderli capaci di donare. C’è da compiere una rieducazione che formi il cristiano di Terra Santa a saper e poter vivere, anche nel bisogno e nella povertà, la ricchezza della comunione della prima Chiesa di Gerusalemme: “La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Nessuno tra loro era bisognoso” (At 4, 32-34). Occorre che ciascuno esca dal suo individualismo, superi le vedute delimitate a se stesso, alla sua famiglia, ai suoi vicini, per abbracciare tutta la parrocchia, e ancor più, tutta la società. Quanti fra di noi dicono di fare l’elemosina, devono superare questo stadio e imparare a dare di più, a vivere la comunione, a “crescere e venir su insieme” con tutti i fratelli e le sorelle,in maniera che nessuno nella comunità resti nel bisogno delle cose materiali, o nella solitudine o nella discriminazione.
5. Alcuni si chiedono: come digiunare ? Occorre seguire la tradizione o le nuove direttive della Chiesa ? Occorre seguire le tradizioni e le leggi. Ma innanzi tutto occorre comprendere lo scopo del digiuno : che è di ritornare a Dio, di dare più spazio a Dio nella nostra vita e, con lui, costruire la nostra comunità. Perché con Dio presente, Dio con noi, non c’è ragione per restare perplessi, di aver paura o di lamentarsi. Dio con noi significa colmarsi del suo Spirito, della forza di Dio e del suo amore, far fronte ad ogni evenienza nella nostra vita privata e pubblica. E l’amore verso tutti, indistintamente, eviterà che la nostra fede e la nostra vita di comunione si trasformi nel confessionalismo o nell’ individualismo religioso o nel fanatismo aggressivo. “Formatevi un cuore nuovo e uno spirito nuovo” dice Ezechiele (18,31). Occorre tendere a questo: rinnovarci nello spirito per divenire sempre più capaci di accogliere la vita che Dio vuole concedere a tutti.
Che la Vergine Maria accompagni il nostro digiuno e la nostra preghiera e ci insegni a trasformare tutta la nostra vita in quella comunione di vita divina realmente vissuta nella nostra parrocchia e in quell’amore che ci apre a tutta la nostra società. Che Dio Onnipotente vi benedica, Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen
+ Michel Sabbah, Patriarca
1 marzo 2006
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Inserito 01/01/1970
Relazioni Ebraico-Cristiane
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