Toaff, Elio
Italia 13/04/1986
Santità,come Rabbino Capo di questa Comunità, la cui storia si conta ormai in millenni, desidero esprimerLe la viva soddisfazione per il gesto da Lei voluto e da Lei oggi compiuto di venire per la prima volta nella storia della Chiesa in visita ad una Sinagoga, gesto destinato a passare alla storia. Esso si ricollega all'insegnamento illuminato del suo illustre predecessore Giovanni XXIII, il primo Papa che in una mattina di sabato si fermò a benedire gli ebrei di Roma che uscivano da questo Tempio dopo la preghiera, e si inserisce della scia del Concilio Vaticano II che, con la Declaratio "Nostra Aetate...", ha prodotto, nei rapporti della Chiesa con l'Ebraismo quella rivoluzione che ha reso possibile la Sua odierna visita.
Ci troviamo dunque di fronte ad una vera e propria svolta della politica della Chiesa, che guarda ormai verso gli ebrei con sentimenti di stima e di apprezzamento, abbandonando quell'insegnamento del disprezzo la cui inamissibilità Jules Isaac - sia qui ricordato in benedizione - richiamò a Papa Giovanni.
Il mio pensiero - nel momento storico che stiamo vivendo - si rivolge con ammirazione, con riconoscenza e con rimpianto all'infinito numero di martiri ebrei che serenamente affrontarono la morte per la santificazione del Nome di Dio. Ad essi va il merito se la nostra fede non ha mai vacillato e se la fedeltà al Signore ed alla Sua Legge non è mai venuta meno nel lungo volgere dei secoli. Per il loro merito il popolo ebraico vive ancora, unico fra tutti i popoli dell'antichità.
Non possiamo dunque dimenticare il passato, ma vogliamo oggi iniziare con fiducia e con speranza questo nuovo periodo storico che si annuncia fecondo di opere comuni svolte finalmente su un piano di parità, di uguaglianza e di stima reciproca nell'interesse di tutta l'umanità.
Ci proponiamo di diffondere l'idea del monoteismo spirituale e morale d'Israele per raccogliere gli uomini e l'universo nell'amore, nella potenza e nella giustizia di Dio,che è il Dio di tutti, e di portare la luce alla mente e al cuore della gente per far fiorire nel mondo l'ordine, la morale, il bene, l'armonia e la pace.
Nello stesso tempo riaffermiamo la universale paternità di Dio su tutti gli uomini, ispirandoci ai profeti che l'hanno insegnata quale amor filiale che congiunge tutti gli esseri viventi al seno materno dell'infinito, come alla loro matrice naturale. E' quindi l'uomo che deve essere preso in considerazione. L'uomo che è stato creato da Dio a Sua immagine e somiglianza nell'intento di conferirgli una dignità ed una nobiltà che può mantenere solo se vorrà seguire l'insegnamento del Padre. Nel Deuteronomio è scritto: "Voi siete figli del Signore vostro Dio" per indicare il rapporto che deve legare gli uomini al loro Creatore, un rapporto da padre a figlio, di amore e di benevola indulgenza, ma anche un rapporto di fratellanza che deve regnare fra tutti gli esseri umani. Se esso esistesse veramente non dovremmo oggi lottare contro quel terrorismo e quelle violenze aberranti, che mietono tante vittime innocenti, uomini, donne, vecchi e bambini, come è accaduto anche di recente davanti a questo Tempio.
Il nostro compito comune nella società dovrebbe essere dunque quello di cercare di insegnare ai nostri simili il dovere del rispetto dell'uomo per l'uomo, dimostrando l'iniquità di quei mali che affliggono il mondo come il terrorismo, che è l'esaltazione della violenza cieca e inumana e che colpisce gente indifesa, tra cui ebrei di ogni paese solo perchè sono ebrei; come l'antisemitiamo ed il razzismo, che vanamente credevamo per sempre debellati dopo l'ultimo conflitto.
La condanna che il Concilio ha pronunciato contro qualunque forma di antisemitismo dovrebbe essere rigidamente applicata, come pure la condanna di ogni violenza, per evitare che l'intera umanità affoghi nella corruzione, nell'immoralità, nell'ingiustizia.
L'invito che si legge nel Levitico, dove il Signore afferma: "Io sono il Signore vostro Dio; santificatevi, siate santi, perchè Io sono il Signore vostro Dio; santificatevi, siate santi. perchè Io sono Santo" vuol essere una esortazione ad imitare nelle nostra vita la Santità del Signore.
Così l'immagine di Dio in potenza nell'uomo fino dalla sua prima creazione, diventa immagine di Dio in atto. I1 "Kedoshim Tiiyù" è l'imitazione da parte degli uomini di quelle che sono chiamate le "Vie del Signore".
In tale modo essi, cercando di sottomettere allo spirito tutte le loro azioni, fanno prevalere lo spirito sulla materia.
Il premio per una condotta siffatta è grande e già il Signore lo disse ad Abramo facendolo uscire a guardare il cielo in una notte stellata: "Io sono il Signore che ti fece uscire da Ur Casdim per darti il possesso di queste terra". Il possesso della terra promessa si ottiene come premio per aver seguito le vie del Signore e le fine dei giorni verrà quando il popolo vi sarà tornato.
Questo ritorno si sta verificando: gli scampati dai campi di sterminio nazisti hanno trovato in terra d'Israele un rifugio ed una nuova vita nella libertà e nella dignità riconquistata. Per questo il loro ritorno è stato chiamato dal nostri Maestri "l'inizio dell'avvento della redenzione finale", "Reshit tzemihat geulatenu".
Il ritorno del popolo ebraico alle sua terra deve essere riconosciuto come un bene e una conquista irrinunciabili per il mondo, perchè esso prelude - secondo l'insegnamento dei profeti - a quell'epoca di fratellanza universale a cui tutti aspiriamo ed a quella pace redentrice che trova nella Bibbia la sua sicura promessa. Il riconoscimento ad Israele di tale insostituibile funzione nel piano della redenzione: finale che Dio ci ha promesso non può essere negato.
Potremo così lottare insieme per affermare il diritto dell'uomo alla libertà, una libertà completa che trova il proprio invalicabile confine solo quando prevarica o limita la libertà altrui. L'uomo nasce ed è per sua natura libero, quindi tutti gli uomini, a qualunque popolo appartengano, debbono essere ugualmente liberi perchè tutti hanno la stessa dignità e sono partecipi di medesimi diritti. Non esistono uomini che possano considerarsi superiori ed altri inferiori perchè in tutti vi è quella scintilla divina che li rende uguali.
Eppure ai nostri giorni, ci sono ancora paesi nel mondo dove la limitazione della libertà, la discriminazione e l'emarginazione sono praticati senza alcun ritegno. Mi riferisco in particolare ai negri in Sud Africa, e per quanto riguarda la libertà di religione agli ebrei ed ai cattolici nell'Unione Sovietica. Nostro compito comune dovrebbe essere quello di procla¬mare che da quella libertà fondamentale dell'uomo, scaturiscono diritti umani irrinunciabili: come il diritto alla vita, alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione.
Il diritto alla vita deve essere inteso non solo come diritto di esistere, bensì quello di vedere garantita la propria vita, fin dal suo nascere, assicurata la propria esistenza contro ogni minaccia, contro ogni violenza; significa garanzia dei mezzi di sussistenza attraverso una più equa distribuzione della ricchezza affinché nel mondo non ci sia più chi muore per fame. Significa il diritto di ognuno di veder salvaguardato il proprio onore, il proprio buon nome contro la calunnia e il pregiudizio anche di carattere religioso, la condanna di ogni attentato all'amor proprio, considerato dall'ebraismo pari allo spargimento di sangue. Significa combattere la menzogna per le conseguenze disastrose che può recare nella società, e così pure l'odio, che suscita la violenza ed è considerato dall'Ebraismo come odio verso il Signore, di cui l'uomo è l'immagine.
La libertà di pensiero comprende anche la libertà di coscienza e quella religiosa. Dovremo lottare con tutte le nostre forze per impedire che un uomo possa essere oggi ancora perseguitato o condannato per le idee che professa o per le sue convinzioni religiose.
Il concetto di libertà - come si vede - è composito e se una delle componenti viene soppressa, è inevitabile che prima o poi sia la libertà nel suo complesso ad andare perduta, perchè è una unità che ha un valore assoluto e indivisibile. E' un ideale in sè e per sè, uno degli oggetti di quel regime di giustizia universale predicato nella Bibbia per il quale gli uomini e i popoli hanno l'inalienabile diritto di essere padroni di sè stessi.
Santità, in questo momento così importante nella storia dei rapporti fra le nostre due religioni, mentre il cuore si apre alla speranza che alle sciagure del passato si sostituisca un fruttuoso dialogo che, pur nel rispetto delle esistenti diversità, dia a noi la possibilità di un'azione concorde, di una cooperazione sincera e onesta per il raggiungimento di quei fini universali che sono nelle nostre comuni radici, mi consenta di concludere queste mie riflessioni con le parole del Profeta Isaia: "Io gioisco nel Signore, giubilo nel mio Dio che mi ha rivestito degli abiti della salvezza, ai ha avvolto nel santo della giustizia, come uno sposo che cinge la corona, come una sposa adorna dei suoi monili. Come la terra produce la sua vegetazione e come un giardino fa germogliare i suoi semi, così il Signore Iddio farà germogliare la giustizia e sarà oggetto di riconoscenza da parte di tutte le genti".
Elio Toaff
242 visualizzazioni.
Inserito 01/01/1970
Relazioni Ebraico-Cristiane
Ultime novità nel sito
- 19/04/2020: Articolo - L’enigma della Maddalena
- 23/02/2020: Articolo - Il locus amoenus nelle catacombe ebraiche e cristiane di Roma
- 16/02/2020: Articolo - Il profetismo nel Vicino Oriente antico
- 13/02/2020: Articolo - I Profeti della Cappella Sistina
- 09/02/2020: Articolo - Gerusalemme e la Terra Santa di Israele