Isaac, Jules
Città del Vaticano 13/06/1960
Il 16 ottobre 1949, anniversario della deportazione degli ebrei romani, lo storico ebreo francese Jules Isaac fu ricevuto in udienza da papa Pio XII a Castel Gandolfo[1]. Isaac, già Sovrintendente per la Pubblica Istruzione francese, ebbe la famiglia sterminata dai nazisti e fu sollecitato a chiedere l’udienza da alcuni suoi amici religiosi. Dopo la seconda Guerra Mondiale, Isaac si dedicò alla ricerca delle origini culturali e religiose dell’antisemitismo. L’ incontro con Pio XII, tuttavia non gli lasciò facili illusioni. Il 13 giugno 1960 ebbe di nuovo un’udienza privata, stavolta con papa Giovanni XXIII. Durante questo incontro, riassunse la sua ricerca storica dell’”insegnamento del disprezzo” da parte dei cristiani per gli ebrei e per l’ebraismo. Questo incontro si ritiene sia stato determinante nel dare, il 18 settembre 1960, al Cardinale Agostino Bea l’incarico di redigere la bozza di una dichiarazione sulla relazione tra chiesa cattolica e popolo ebraico per l’imminente Concilio Vaticano II. E’ la genesi della Nostra Aetate. Le note che seguono sono quelle che Jules Isaac prese subito dopo l’ udienza. Sono state pubblicate nella rivista SIDIC 1968/3 e sono state rese disponibili dalle Suore di Nostra Signora di Sion.
Non ero partito alla cieca. Tanto a Parigi, nel dicembre 1959, quanto ad Aix avevo studiato il terreno e preso più informazioni possibili…
Avevo redatto un memoriale per il papa, seguito da un dossier contenente i vari programmi di recupero dell’insegnamento cristiano su Israele, un esempio di mito teologico (“la dispersione, punizione provvidenziale della crocifissione”), estratti del Catechismo del Concilio di Trento dove si evince che l’accusa di deicidio è contraria alla sana dottrina della Chiesa…
L’ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, attivato da una lettera del presidente Vincent Auriol, aveva chiesto per me, per la via ufficiale, un’udienza pontificia. Udienza facilmente accordata…
Ma è importante rendersi conto di quanto l’impresa sia stata difficile e audace. Il problema dell’insegnamento cattolico, sul quale spingevo tanto, è un problema infinitamente più complesso di quello della liturgia. Considerato sotto questo aspetto specifico (riguardante Israele) tocca non tanto i dati stessi della fede e del dogma, quanto quelli di una tradizione secolare, più che millenaria, nata dai Padri della Chiesa, da S. Giovanni Crisostomo a Sant’Agostino. Da qui la necessità di conciliare, in questi incontri romani, il massimo della prudenza col massimo della franchezza. Non mi nascondevo il fatto che si trattasse di un vero tour de force e che, in certi casi, avrei dovuto attraversare un abisso.
Venerdì 10 giugno
Fine pomeriggio dal cardinale Julien alla Cancelleria. In apparenza, un uomo molto vecchio, molto grosso, dal viso rugoso, occhi semichiusi. Ascolta, non dice quasi niente ed io parlo tanto avendo l’impressione di essere caduto da un altro pianeta. Una sola domanda mi è stata rivolta, che non aveva niente a che fare con quanto dicevo, ma che mostra una delle preoccupazioni principali da queste parti : “Non pensate che il comunismo possa avere una grande parte nell’attuale risveglio dell’antisemitismo?” Io rispondo, riprendo il mio sforzo di avvicinamento e divento così audace – perché sembrava meglio disposto alla fine – dal fargli una domanda: “Eminenza, in questo tipo di questioni occorre avere una o due porte a cui bussare. Secondo voi, quali sono?” Riflette qualche istante e mormora: “il cardinale Ottaviani”. Riprendo: “E col cardinale Ottaviani?” Riflette ancora e poi di nuovo mormora in un soffio “Il cardinale Bea”.
Domenica 12 giugno
… A fine giornata, una lettera dall’Ambasciata mi informa che l’udienza pontificia avrebbe avuto luogo l’indomani… Dormito poco, la notte tra il 12 e il 13; messa a punto la Nota complementare e conclusiva, in forma abbreviata, in modo da darle il massimo di efficacia. E messi a punto anche i temi essenziali da fare emergere. Tenendo conto del fatto… che il buon Giovanni XXIII era assai loquace e che la conversazione avrebbe potuto avere un tono familiare e prendere delle deviazioni impreviste…
Lunedì 13 giugno
…Entriamo… fino all’ultima sala che precede l’ufficio-biblioteca in cui Giovanni XXIII riceve. Lunga attesa. Veniamo avvertiti del fatto che S. S. è stanca, che è sveglia da mezzanotte, che le udienze sono numerose, il che significa, attenzione che i minuti vi vengono contati…
Infine, verso le 13:15, arriva il mio turno. Il Papa ci riceve davanti alla porta che si apre… mi inchino e Giovanni XXIII mi tende bonariamente la mano. Mi presento come non-cristiano, promotore delle Amicizie Ebraico-Cristiane in Francia, e come un vecchio molto sordo. Ci sistemiamo affianco alla scrivania, su tre poltrone molto vicine tra loro; io mi trovo affianco al Papa che è veramente la semplicità fatta persona, e questa semplicità risalta nettamente in contrasto con il fasto dell’ambiente e del cerimoniale che precede.
Come previsto, è lui che avvia la conversazione, in modo vivo, parlando del suo culto per l’Antico Testamento, i Salmi, i Profeti, il Libro della Sapienza. Parla del nome che si è scelto pensando alla Francia; mi domanda dove sono nato… ed io cerco il modo di scivolare sul terreno voluto; gli dico della grande speranza che le misure da lui prese così spontaneamente hanno svegliato nel cuore del popolo dell’Antico Testamento; se noi ci aspettiamo ancora di più, non ne è forse lui stesso responsabile, per la sua grande bontà? Cosa che lo fa ridere.
Allora gli espongo la mia questione sull’insegnamento, e in primo luogo la sua base storica. Ma come far comprendere, in pochi minuti, cosa ha significato il ghetto spirituale nel quale la Chiesa ha progressivamente finito per imprigionare l’antico Israele – contemporaneamente al ghetto materiale?...
Fortunatamente oggi esiste un’opinione contro-corrente, purificatrice, che si rafforza giorno dopo giorno. Tuttavia, delle inchieste recenti hanno mostrato che “l’insegnamento del disprezzo” sussiste ancora. Tra queste due tendenze opposte, l’opinione cattolica è divisa e fluttuante. Ecco perché è indispensabile che una voce si alzi dall’alto, dal punto più alto, dalla vetta – la voce del capo della chiesa – per indicare a tutti il buon cammino e condannare solennemente “l’insegnamento del disprezzo” nella sua essenza anti-cristiana.
Presento, allora, la mia Nota conclusiva e il suggerimento di creare una sotto-commissione annessa, incaricata di studiare la questione. Il Papa reagisce subito dicendo: “Ci avevo pensato fin dall’inizio del nostro incontro”. A più riprese, nel corso della mia breve esposizione, lui aveva manifestato la sua comprensione e la sua simpatia….
Ma è arrivata la fine… Esprimendogli tutta la mia gratitudine per l’accoglienza ricevuta, chiedo se posso portare con me un pezzetto di speranza. Lui esclama: “Lei ha diritto a più che una speranza!” e aggiunge con un sorriso: “Io sono il capo, ma devo anche consultarmi, far studiare dai vari uffici le questioni sollevate; non si trova qui, la monarchia assoluta”. E ci lasciamo con una nuova e buona stretta di mani.
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Fonte: http://www.ccjr.us/dialogika-resources/documents-and-statements/jewish/1123-isaac1960
(Traduzione a cura di Ombretta Pisano)
[1] Una breve cronaca di questo incontro si trova in una lettera che Isaac indirizza ad una suora della congregazione delle Suore di Nostra Signora di Sion, riportata in sunto nell’articolo di Ombretta Pisano “A cinquant’anni dalla soppressione del ‘perfidis judaeis’. Note storiche alla luce di materiali d’archivio inediti”, Rivista Liturgica 96/6, pp. 950-951.
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Inserito 13/02/2014
Relazioni Ebraico-Cristiane
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