Commissione di Coordinamento del Concilio Vaticano II
Città del Vaticano 09/1964
Questo testo fu sottoposto al Concilio nel settembre del 1964 dalla Commissione di Coordinamento del Concilio. Questa iterazione fu presentata dalla stampa e dai media come una versione "annacquata" della bozza precedente, ampiamente divulgata ma non discussa. Fu anche offerta come appendice alla bozza del documento "Sull'Ecumenismo". Si noti il materiale nuovo riguardante i credenti delle altre religioni mondiali, specialmente i musulmani; le implicazioni della colpa per la crocifissione di Gesù. da attribuire agli ebrei della sua generazione; la nuova formulazione di un paragrafo che all'epoca era stato ampiamente interpretato come un appello alla conversione degli ebrei al Cristianesimo. Presentandolo il 25 settembre, il card. Bea chiarì che il suo Segretariato non era responsabile di questa revisione e incoraggiò i Padri conciliari a rafforzarla. Oltre due dozzine di vescovi e cardinali accolsero questa indicazione nei loro interventi del 28 e del 29 settembre.
(Sul patrimonio comune a cristiani ed ebrei)
La Chiesa di Cristo è lieta di riconoscere che gli inizi della sua fede ed elezione, conformemente al mistero divino di salvezza, si trovano già tra i Patriarchi e i Profeti. In verità, tutti i cristiani credono che, come figli di Abramo nella fede (cf. Gal 3,7) sono compresi nella vocazione dei Patriarchi e che la salvezza della Chiesa è misticamente prefigurata nell'esodo del popolo eletto dalla terra della schiavitù. Né la Chiesa, come una nuova creazione in Cristo (cf. Ef 2,15) e come popolo della Nuova Alleanza, può mai dimenticare di essere una continuazione di quel popolo con il quale Dio nella sua ineffabile misericordia si degnò un tempo di entrare nell'Antica Alleanza e al quale egli scelse di affidare la rivelazione contenuta nei Libri dell'Antico Testamento.
Oltre a ciò, la Chiesa non dimentica che da questo popolo ebraico sono nati Cristo, la Vergine Maria, così come gli Apostoli, fondamento e colonne della Chiesa.
Inoltre, la Chiesa è sempre memore e non trascurerà le parole dell'apostolo Paolo sugli ebrei, ai quali appartengono "l'adozione a figli e la gloria, le alleanze e il dono della legge, il culto e le promesse" (Rm 9,4).
Poiché tale è il patrimonio che i cristiani hanno accolto dagli ebrei, questo sacro Concilio è deciso espressamente a proseguire e a raccomandare la comprensione e l'apprezzamento mutui, da ottenersi mediante lo studio teologico e la discussione fraterna e, oltre a ciò, come disapprova severamente ogni male perpetrato contro degli esseri umani ovunque siano, così deplora e condanna l'odio e il maltrattamento inflitti agli ebrei.
Vale inoltre la pena ricordare che l'unione del popolo ebraico con la Chiesa fa parte della speranza cristiana. Secondo l'insegnamento dell'apostolo Paolo, e conformemente ad esso (cf. Rm 11,25) la Chiesa aspetta con fede incrollabile e con desiderio ardente l'ingresso di quel popolo nella pienezza del popolo di Dio costituito da Cristo.
Tutti devono avere cura, perciò, di non presentare il popolo ebraico come una nazione rigettata, tanto nella catechesi quanto nella predicazione della Parola di Dio o nelle conversazioni quotidiane. Né si deve dire o fare nulla che possa alienare le menti umane dagli ebrei. Allo stesso modo, ci si guardi bene dall’imputare agli ebrei del nostro tempo ciò che fu perpetrato nella Passione di Cristo.
(Tutti i popoli hanno Dio per Padre)
Il Signore Gesù ha chiaramente confermato che Dio è il Padre di tutta l’umanità, come attestano le Scritture dell’Antico Testamento ed è suggerito dalla ragione stessa. Ma non possiamo certamente invocare Dio come Padre di tutti se neghiamo il comportamento fraterno ad altre persone ugualmente create ad immagine di Dio. L’atteggiamento dell’umanità verso Dio come Padre e l’atteggiamento degli individui verso i loro fratelli e sorelle sono così strettamente connessi che ogni negazione della fraternità umana porta con sé o conduce alla negazione di Dio stesso, per il quale non vi sono favoritismi (cf. 2 Cr. 19, 7; Rm. 2, 11; Ef. 6, 9; Col. 3, 25; 1 Pt. 1, 17). Il Primo Comandamento è infatti così interconnesso con il Secondo che non possiamo essere perdonati per le nostre offese se non perdoniamo noi stessi e con tutto il cuore coloro che hanno offeso noi. In verità, è già stato detto nell’Antica Legge: “Non è uno il padre di tutti noi? Non ci ha creato un unico Dio? Perché dunque ci tradiamo l' un l' altro?” (Mal 2,10); La stessa cosa è riaffermata ancor più chiaramente nella Nuova Legge :”Chi non ama il proprio fratello, che vede, come può amare Dio, che non vede? E questo è il Comandamento che abbiamo ricevuto da Dio, chi ama Dio, ami anche suo fratello.” (1Gv 4,20-21)
Spinti da questo amore per i nostri fratelli, consideriamo con grande impegno visioni e dottrine che, anche se in molti punti diverse dalle nostre, portano comunque il raggio di quella verità che dà luce ad ogni persona nata in questo mondo. In tal modo, abbracciamo anche, e prima di tutto, i musulmani, che adorano un Dio personale e retribuitore, e che ci sono vicini nel sentimento religioso e grazie a molti canali della cultura umana.
(Condanna di ogni discriminazione)
Di conseguenza, qualunque teoria o pratica che porti alla discriminazione tra individuo e individuo o nazione e nazione, nella misura in cui riguarda la dignità umana e i diritti che ne scaturiscono, è priva di fondamento.
E’ perciò imperativo che tutti i popoli di buona volontà e i cristiani in particolare si astengano da ogni discriminazione o insulto riguardo gli esseri umani sulla base della loro razza, colore, status sociale o religione. Al contrario, questo Sacro Concilio implora solennemente i credenti cristiani “a comportarsi bene tra i gentili” (1Pt 2,12) e se possibile e nella misura in cui dipenda da loro, a mantenere la pace con tutti (cf. Rom 12,18); e di più, ingiunge loro di amare non solo il prossimo ma anche i nemici, se pensano di averne, in modo da essere veramente figli del Padre che è nei cieli e che fa sorgere il sole su tutti (cf. Mt 5,44-45).
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Inserito 18/05/2015
Relazioni Ebraico-Cristiane
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