Interventi sulla Seconda Dichiarazione Sugli Ebrei e i Non-Cristiani - 29 settembre 1964

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Padri Conciliari

Città del Vaticano       29/09/1964

7. Sua Eccellenza  Simon Hoa Nguyen Van Hien, Vescovo di Ðà Lat (Viêt Nam)

Venerabili Padri,

L'aggiunta di questa dichiarazione che, a mio avviso, non solo è opportuna, ma anche urgente, è del tutto accettabile: infatti la Chiesa di Dio, come Cristo stesso, è stata inviata, non solo ai cristiani (nessuno era un cristiano al suo inizio), ma a tutti i figli di Dio dispersi che si sarebbero riuniti in uno. A tal fine, la Chiesa dovrebbe entrare in modo appropriato in un contatto frequente e amichevole con tutti gli uomini senza eccezione. Tuttavia, non solo per la convivenza pacifica, ma per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, e lasciando dietro di sé un senso piuttosto antiquato di legalismo e trionfalismo, dovrebbe decisamente convertirsi ad uno spirito di carità. Mi permetto, comunque[i],  di fare alcune osservazioni.

 1. Sugli ebrei. In ogni dialogo, è necessaria una mentalità solidale tra i  partecipanti per essere fruttuoso.  Inoltre, per quanto riguarda i ... [ii] Ebrei, credo che giustamente si aspettino da noi una menzione di Mosè, che essi altamente venerano come capo e legislatore. Così[iii] anche ha fatto Cristo, mettendo in relazione la perfezione del suo insegnamento  ad Abramo e ai Patriarchi, ma più a Mosè (la legge) ed Elia (i profeti) cf. Mt 5, 17. Allo stesso modo nella Trasfigurazione: "Ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui."[iv]

Allo stesso modo troviamo nella stesura di "Sulla rivelazione"[v] "per il grande popolo a cui insegnava dopo i Patriarchi, per mezzo di Mosè e i Profeti."

Poi in n. 32, pagina 7, riga  3, si deve aggiungere il nome di Mosè : "già insegnava presso i Patriarchi attraverso Mosè e i Profeti."

Allo stesso modo si aggiunga nella riga 5 "con Mosè come capo:" "e nell'esodo del popolo, sotto la guida di Mosè, dal paese della schiavitù, è misticamente prefigurata la salvezza della Chiesa "[vi] .

Nella riga 22: sembra opportuno aggiungere: "deplora e condanna l'odio e il maltrattamento degli ebrei, qualunque sia la causa." Dal momento che questa espressione è usata nella stesura di "Sull'Ecumenismo" riguardo i cristiani  non-cattolici , lo  stesso avrebbe dovuto essere detto in modo più adatto sugli ebrei, tanto più perché la loro amarezza, che è stata provocata da alcuni gruppi cristiani, guarda indietro direttamente al passato. Per mezzo di un simile distinto riconoscimento di colpevolezza e la universale condanna del fatto, il Sacro Concilio senza dubbio susciterà un senso di gratitudine e di fiducia da parte degli Ebrei.[vii]

 2. Sui Non-Cristiani. Più della metà della popolazione del mondo intero non è né cristiana né ebrea. Il Concilio  fa bene a dire qualcosa su di loro. Tra loro ci sono alcune nazioni che, sebbene oppresse sotto il duro giogo dei comunisti,  nelle cui mani la mia Patria è caduta, osservano e professano la fede in un unico Dio supremo, Signore del cielo e della terra e osservano l'insegnamento morale naturale, e sono quasi disposti volentieri ad abbracciare la fede cattolica, con l'aiuto della grazia di Dio, se la luce del Vangelo finalmente li raggiungesse.

Riguardo loro, perciò[viii]  o se ne faccia menzione come per i Musulmani, o non si dica nulla nè degli uni nè degli altri come ben notarono gli eminentissimi oratori ieri.

Verso tutti loro sia fatta valere  la vera carità che dovrebbe riguardare tutto dell'essere umano :  il corpo e soprattutto l'anima in ogni modo possibile: con affetto ed effetto, in parole e opere. In realtà,[ix] nella pratica della carità,  l'umiltà sia la compagna della affabilità e del tentativo di capire, gettando da parte ogni complesso di superiorità e il desiderio di annullare quelle cose[x] nella loro cultura, che non si oppongono all'insegnamento rivelato.

Allo stesso modo, si deve rilevare che a volte in riviste cristiane vengono presentate certe fotografie che non fanno onore alla nazione da evangelizzare, o sono scritti  articoli che descrivono i costumi e modi di agire e di vivere di queste nazioni, che mostrano poca carità con lo scopo di influenzare i lettori e i loro contributi generosi; tuttavia, questi approcci  suscitano difficoltà per le persone da  evangelizzare e il percorso di dialogo è del tutto chiuso.

Infine, nella catechesi, coloro che non sono cattolici non siano più gettati all'inferno, perché la salvezza dipende dalla grazia di Cristo e dalla fede della persona.

E nel n.34 riga 34 sia detto :  "li comanda di amare, in parole e opere, non solo il loro prossimo, ma anche i loro nemici."[xi] Grazie.



[i] nel testo scritto fornito : manca

[ii] fratelli

[iii] così

[iv] Mt 17,3

[v]n.3 pag.8,riga 25

[vi] riga 19. Dato che il dialogo non è il solo modo verso la mutua conoscenza  e per promuovere rispetto, dovrebbe essere aggiunta la parola "specialmente" e si dovrebbe leggere : " Il rispetto che è specialmente ottenuto per mezzo di studi teologici, discussioni fraterne, e nella lettura comune delle Sacre Scritture e nella recita dei Salmi"

[vii] riga 3 pag.8 cambiare la parola "rifiutiamo" per maggiore eufonia (compare tre volte)

[viii]  manca

[ix] manca

[x] manca

[xi] manca 

*

 

8. Sua Eccellenza Léon Arthur Elchinger Vescovo titolare di Antandro, coadiutore di Strasburgo (Francia)

Venerandi Padri , operosi Esperti, amati Osservatori ed Uditori

Perdonatemi se la discussione è ancora sul dialogo con gli ebrei e in effetti sull'importanza e le condizioni di questo dialogo.[1]

Dopo l'ultima guerra, che è stata particolarmente atroce per gli ebrei, nella città di Strasburgo, dove ero impegnato nel ministero pastorale, è stata costruita una grande sinagoga chiamata "La Sinagoga di Pace." Ho avuto frequenti occasioni per entrare in conversazione con Ebrei. Pertanto, mi permetto modestamente di offrire ora una  testimonianza , e in effetti su queste due domande:

1. Che cosa gli Ebrei di oggi significano  per i Cristiani del nostro tempo?

2. Che cosa significa la nostra dichiarazione per gli Ebrei del nostro tempo? Evidentemente, la nostra preoccupazione non sono i cittadini della Repubblica (di Israele), ma gli Ebrei che sono dispersi in tutto il mondo, nella misura in cui il patrimonio biblico è conservato in loro.

 

Parte I. Che cosa gli Ebrei di oggi significano per i Cristiani del nostro tempo?

Gli Ebrei, non solo del Vecchio Testamento, ma anche gli ebrei di oggi,  meritano particolare considerazione, in quanto oggi più che mai sono testimoni viventi della tradizione biblica. Tali sono:

1. Attraverso la conoscenza e la comprensione dei libri sacri del Primo Testamento. Ad esempio, in molti luoghi i bambini ebrei sono quotidianamente occupati con lo studio del testo divino per almeno un'ora; un bellissimo esempio davvero per i cristiani ! Per questi ebrei la Sacra Bibbia non è un documento morto, non un passato, ma una storia presente. Confesso che sono stato abbastanza frequentemente incoraggiato da alcuni di questi ebrei ad una conoscenza migliore e ad un più vivido amore dei padri del Primo Testamento.

Certamente, una ricerca  comune della Legge e dei Profeti - o addirittura i cosiddetti agiografi - lo studio di questo fra ebrei e cristiani che siano sufficientemente esperti sarebbe un grande profitto spirituale.

2. Tra gli ebrei di oggi, molti sono anche testimoni della tradizione biblica vivendo alcune virtù religiose che sono state raccomandate dalla Legge e dai Profeti. Ad esempio, l'avere un ottimo senso della trascendenza divina, tanto è vero che essi sono frequentemente chiamati in francese "les pélerins de l'Absolut (i pellegrini dell'Assoluto)." Sono obbedienti ai precetti della Legge divina e in particolare alla Legge del Decalogo - con un'obbedienza che non è solo morale, ma propriamente religiosa. Credono nella liberazione del Popolo Dio dalla schiavitù. Il loro culto e le preghiere, che si svolgono non solo settimanalmente nelle sinagoghe, ma anche nelle loro famiglie, rafforzano e consacrano religiosamente le relazioni delle famiglie.

 3. Noi riteniamo con sicura fede che Dio nella sua eternità non nega assolutamente i suoi piani . Quando ha istituito il Primo Testamento,  già nel suo amore prevedeva il Secondo Testamento. Pertanto, il Secondo Testamento non distrugge il Primo.[2] Certamente non è lecito per noi cristiani considerare gli ebrei membri respinti del Popolo di Dio. Al contrario, dobbiamo esplorare e promuovere le nostre ricchezze comuni con loro, il più frequentemente possibile, per la produzione odierna di frutti.

 Chi non riesce a vedere come questo sarebbe  efficace oggi quando l'ateismo si diffonde e prospera in tutti i luoghi!  Cristiani ed ebrei, perché sono  testimoni del Verbo Divino e della Storia della Salvezza - perché sono  testimoni dello stesso monoteismo - non possono più sopportare che ai difensori dell'incredulità sia  data una tristissima  testimonianza della  grave carenza nella conoscenza e nella carità reciproca.

 

Parte II. Che  significato ha  la nostra dichiarazione  per gli ebrei del nostro tempo?

Il nostro defunto Pontefice, di santa memoria, che gli ebrei ora chiamano "Giovanni il Buono," nel suo modo veramente evangelico suscitò enorme speranza tra gli ebrei. Allo stesso modo dovremmo oggi nella nostra dichiarazione utilizzare quel modo evangelico che dà per scontata l'umiltà prudente ed un adatto rispetto verso gli ebrei. Senza dubbio, la presente dichiarazione è di somma importanza per il dialogo che è così necessario tra gli ebrei e la Chiesa cattolica. Il nostro testo, non senza una ansiosa ricerca, è ora atteso dagli ebrei di tutto il mondo, e sarà la fonte e la causa o  di pace e  gioia o, al contrario, di profonda amarezza e gravi danni. Pertanto, cosa deve essere desiderato ?

1. Gli ebrei sono in attesa di una solenne parola di giustizia dal nostro Concilio Ecumenico.

Non possiamo negare che, non solo in questo secolo, ma anche nei secoli passati, sono stati commessi crimini contro gli ebrei da parte dei figli della Chiesa e non di rado, anche se falsamente, in nome della stessa Chiesa. Non possiamo ignorare il fatto che nella storia ci sono stati contro gli ebrei inquisizioni, oltraggi, violazioni di coscienza, persino conversioni forzate . Infine, non dobbiamo negare che fino ad oggi, molto spesso o nella predicazione o in alcuni libri di catechesi sono stati introdotti  errori che hanno offeso  lo spirito del Nuovo Testamento.

Perché non possiamo attingere alla magnanimità proveniente dallo spirito del Vangelo, così che in nome di tanti cristiani possiamo chiedere perdono per così tante e così gravi ingiustizie? Senza dubbio, anche gli ebrei hanno i loro difetti, anche da parte loro hanno colpe e hanno commesso errori.  Nessuno lo nega. Ma, ciò nonostante, il Vangelo di Cristo ci chiede di confessare la nostra colpa senza attendere che gli ebrei facciano  lo stesso per quanto riguarda noi. Inoltre, è  dovere e  funzione di giustizia per il nostro Concilio Ecumenico di eliminare falsi insegnamenti sugli ebrei  dalla nostra istruzione catechistica, come è ottimamente dichiarato nella nostra dichiarazione.[3]

La dichiarazione dovrebbe evitare - come in qualche modo ha già fatto - ogni tipo di qualsiasi richiesta di conversione di tutto il popolo ebraico. Infatti, nella situazione attuale, gli ebrei non sono comunemente in grado di capire che il passaggio al Vangelo di Cristo non è per loro un'apostasia ma una vera pienezza. Ancora non sappiamo, né possiamo sapere  quell' ora di Dio, di cui che Paolo parla nella Lettera ai Romans,[4] riguardante l'unione definitiva di tutto il popolo eletto.

 

Concludo. La dichiarazione  "Sugli Ebrei" deve essere separata da quelle  che parlano di altre religioni non cristiane e deve costituire una propria dichiarazione. Il rapporto tra la Chiesa e la Sinagoga è assolutamente speciale: si svolge in un dialogo tra cristiani ed ebrei sulla comunicazione (si fa per dire) tra l'albero della Chiesa e le sue proprie radici.[5]

In questo caso, si spera fortemente che una qualche breve e distinta dichiarazione sia riservata per i musulmani, in cui sarebbe chiaramente valutato dal Sacro Sinodo il loro specifico carattere religioso e sarebbe chiarito  l'attuale relazione della Chiesa verso di  loro.

Per quanto riguarda le religioni non-bibliche ,  oggi così numerose, e  così gravate da questioni culturali, e anche attraverso un'indagine diversa e sincera del mistero di Dio  spesso sollecitanti il cuore del credente, . Il Sacro Sinodo in una terza  dichiarazione separata può considerarle più pienamente e anche invitarle al dialogo.

Su tutti questi argomenti propongo suggerimenti concreti presso  il segretariato.[6]

Infine,[7] certamente non ignoriamo le preoccupazioni dei Padri del Consiglio per le conseguenze che possono derivare - forse purtroppo per loro - dalla dichiarazione sugli Ebrei. Tuttavia, neppure nelle circostanze più difficili, la verità e la giustizia possono essere abbandonati nella Chiesa. Non possiamo tacere.

Ma non sarà questo molto amato fratello di quella consolazione e forza .......[8]

 

Moderatore: Sua Eccellenza il vostro tempo è finito.

 

Osservazioni aggiuntive:

Al n.32.

Riga 2  al posto di "volentieri", sarebbe meglio "con animo grato".

Riga 11: vi sia inserito immediatamente: ". Del resto, la Chiesa crede che Cristo, nostra pace, volentieri ha subito la sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini"

Righe 11-16: dopo le parole di cui sopra, vi  dovrebbe essere scritto nelle righe  11-16: "La Chiesa ha sempre e avrà davanti ai suoi occhi le parole, anche, dell'apostolo Paolo:" a loro appartiene l'adozione a figli, la gloria , le alleanze, la consegna della legge, il culto, le promesse ", a loro appartengono i patriarchi e dai quali è nato Cristo secondo la carne (Rm 9, 4) e anche la Madre di Cristo, e gli Apostoli , fondamento e colonne della Chiesa.

Riga 17: nella riga 16, cioè dopo le parole di cui sopra, dovrebbe essere opportunamente inserito:

"Gli ebrei del resto, come testimonia lo stesso Apostolo, sono, per amore dei Padri, carissimi a Dio, i cui doni e la chiamata sono irrevocabili,  e  sono segnati dall'amore di Dio, le cui vie sono imperscrutabili nascoste tuttora nel profondo della sua sapienza e conoscenza "(cfr Rm. 11, 33).

Riga 18:  dopo la frase "hanno ricevuto" (riga 17), dovrebbe essere affermato (al posto delle righe 18-22) "e dal momento che la Chiesa sa che gli ebrei, da quello che preservano dalla tradizione biblica, ancora oggi, in un mondo che è sempre più infettato con il materialismo e l'ateismo, rimangono testimoni dello spirito e delle virtù che sono impresse in quella tradizione, questo sacro Concilio vuole assolutamente promuovere e raccomandare la reciproca conoscenza e  stima   che proviene dagli studi biblici e teologici e dalle discussioni fraterne. Inoltre, proprio come condanna seriamente le ingiustizie perpetrate nei confronti delle persone in ogni luogo,  così deplora e condanna ancora di più l'odio, i maltrattamenti e le persecuzioni degli ebrei che essi  chiamano antisemitismo, o  inflitti a quel tempo o nel nostro tempo. "

Riga 23-37: questo paragrafo dovrebbe essere rimosso o modificato in modo che non possa essere interpretato come una sorta di appello alla conversione immediata di tutto il popolo ebraico. Sarebbe interpretato come un'esortazione all'apostasia.

NB: Non sarebbe possibile sostituire questo paragrafo con qualcosa di simile: "Pur deplorando che il popolo ebraico si sta privando del compimento in Gesù Cristo delle grazie promesse ai Patriarchi, e rinnovate ai Profeti, l'attuale popolo ebraico non può essere considerato come interamente responsabile per la condanna di Cristo, che è stata fatta dai Sommi Sacerdoti e dei loro associati (Gv 11, 50),  disturbati dalla situazione politica. "

Riga 30: dopo "respinta" è da aggiungere "maledetta o deicida"

Riga 31: meglio: "può venire in mente di disprezzare gli ebrei. Tutte queste cose sono in contraddizione con la volontà di Gesù Cristo, che abbraccia in un unico amore gli ebrei e le nazioni ".

Riga 31-32: Sarebbe meglio dire: "Stiano attenti a non dare la colpa all'intero popolo ebraico, di allora , nè tanto più, agli ebrei del nostro tempo per quello che è stato fatto nella passione di Cristo. In realtà, tutte queste cose sono da biasimare per tutti gli esseri umani, come peccatori, e soprattutto per i  cristiani che cadono nel peccato, come il Catechismo del Concilio di Trento ha già dichiarato" (parte I, art.4; cap.5; par.11).

 

N.B.  Testo del catechismo tridentino: "E' da giudicare  che  sono tenuti da questo crimine tutti quelli che molto spesso cadono in peccato.  Infatti, dal momento che i nostri peccati costrinsero  Cristo a subire la pena della croce, certamente quelli che persistono in crimini vergognosi e azioni malvagie (Eb 6, 6) , di nuovo, come possono,  crocifiggono in sé stessi il Figlio di Dio, e testimoniano che la cattiva azione può sembrare più grave in noi di quanto non fosse negli ebrei, in quanto, come lo stesso Apostolo testimonia (Cor 2, 8), se avessero saputo non avrebbero mai crocifisso il Signore della gloria. Noi, invece, confessiamo che  (Tit. 1, 16), lo conoscevamo e  ancora, essendo divenuti mendaci, in qualche modo mettiamo con violenza le mani su di lui. "

 

P.S. La riga "continuazione" direbbe più precisamente usando le parole dell'apostolo Paolo (cfr Rm 11, 17) "i cristiani sono un germoglio di olivo selvatico innestato tra i rami di Israele e partecipi della radice. "

 Schema degli elementi principali di una "Dichiarazione" per gli islamici

 Il Sacro Sinodo, con l'obiettivo di un dialogo fraterno con tutti i popoli, non può soprattutto oggi mancare di proporre un tale dialogo al popolo dell'Islam, certamente religioso per sè.

Essi adorano , come noi, un vero unico Dio, che è in alto, che ha creato tutte le cose, e che, nel passare del tempo si è rivelato nella storia umana. La loro fede in quel grande Dio durante i nostri tempi di ateismo è una testimonianza molto importante per questa generazione. E 'auspicabile che il popolo dell'Islam e i  cristiani abbiano in modi dovuti conversazioni tra di loro.

Inoltre, in tempi passati, già dagli inizi della religione dell'Islam, ci sono stati molti rapporti tra cristiani e il popolo dell'Islam, non solo, quelli purtroppo bellicosi, ma anche, e più profondamente, quelli legati alla civiltà e cultura, o riguardanti  la filosofia o le arti. Nella attuale unificazione del mondo è altamente auspicabile che finalmente tali relazioni reciproche possano essere moltiplicate e vi sia rispetto reciproco per la promozione del bene culturale comune di tutta la famiglia umana.



[1] Nel testo scritto fornito : Il nostro Concilio Vaticano punta a un dialogo sincero con gli uomini di questo tempo. E' necessario, e molto opportuno in questo momento, che vi sia un supporto specialmente al dialogo con gli ebrei. Vorrei parlare brevemente sull'importanza e sulle condizioni di questo dialogo.

[2] In realtà il Signore stesso ha detto: "Non sono venuto per abolire ma per dare compimento (Mt 5, 17)."

[3] In particolare, è necessario respingere completamente l'espressione che gli ebrei sono un "popolo deicida".

[4] cfr Rom 11

[5]  Secondo S. Paolo i cristiani sono come un ramo di olivo selvatico,inserito tra i rami d'Israele, e partecipe della radice (cfr Rm 11, 17).

[6]  In questa dichiarazione è da sperare che i diversi elementi del precedente testo siano integrate con ciò che su questo tema è più in linea con la verità. Io propongo  alcuni suggerimenti concreti per il segretariato del Concilio.

[7]  3.

[8] possono scaturire  dalle parole di Paolo VI, felicemente regnante, che fanno risuonare  le parole di Cristo stesso. Furono dette  il trascorso 6 gennaio a Nazareth : "Bienheureux serons-nous, si nous aimons mieux être opprimés qu 'oppresseurs, et si nous avons toujours faim d'une justice en progrès "! Beati saremo  se vorremo  essere oppressi piuttosto che  oppressori, e se saremo  affamati di una sempre maggiore giustizia  sempre di più per tutti i popoli!

 

*

9. Sua Eccellenza Stephen A. Leven Vescovo titolare di Buritanus, Vescovo ausiliare di San Antonio (Stati Uniti)

Eminentissimi Padri , venerati Fratelli, porporati e non porporati,  e anche carissime sorelle.

In generale mi piace molto la dichiarazione; Vorrei, tuttavia, proporre tre miglioramenti al testo. Per quanto riguarda  la prima e la seconda proposta, io le porto a nome di quasi tutti i vescovi degli Stati Uniti d'America; la terza , invece, la faccio a  mio nome.

 

Il primo miglioramento è  proposto nel par.32  riga 20 : inserire queste parole : «Non sia mai detto che gli ebrei sono una nazione deicida."

Questo monito è stato chiaramente enunciato nella prima versione di questo documento.[1] Ora, però, questa affermazione non si trova nel nostro testo attuale.

Ci sono quelli che sostengono che la frase è stata soppressa perché la parola "Deicidio" è filosoficamente e teologicamente assurda, contraddittoria di per sé, e quindi, indegna di un documento conciliare.

Tuttavia, Padri conciliari, non abbiamo a che fare con un'entità filosofica, ma con una parola di infamia e di riprovazione che il cristiano ha inventato per rimproverare e perseguitare gli ebrei. Attraverso molti secoli e anche nel nostro secolo, i cristiani hanno gettato questa parola di deicidio contro gli ebrei e a motivo di essa hanno giustificato ogni eccesso, anche il loro massacro. Non è nostro compito fare una dichiarazione su una questione filosofica, ma è nostro compito  condannare e disapprovare una simile frase che ha offerto tante occasioni e opportunità per le  persecuzioni attraverso i secoli. Dovremmo rimuovere questa parola dal mezzo dei cristiani, in modo che non possa mai più essere usata contro gli ebrei.

Il Concilio di Trento ha già insegnato che tutti i popoli e i loro peccati sono stati la causa della morte di Cristo. Siamo, pertanto, tutti colpevoli e tutti[2] abbiamo chiesto la morte di Cristo. La morte di Cristo, poi, in nessun modo è da attribuire a un solo popolo.

 C'è un altro motivo per cui questa frase sembra debba essere ripristinata. Il mondo intero conosce bene la storia dell'antisemitismo tra i cristiani. Tante cose sono state perpetrate contro gli ebrei. Ora, però, il mondo è alla ricerca e in attesa di un segno  assoluto e inconfutabile della buona fede della Chiesa in questo argomento di giustizia. Dobbiamo respingere l'approccio machiavellico con cui ricerchiamo giustizia solo per noi stessi. Noi, come Padri del Concilio, dovremmo chiedere giustizia per tutti nel mondo secondo le esigenze del tempo e della situazione. Il nostro tempo e la nostra situazione ora richiedono il rigetto dell'accusa di deicidio. Soprattutto perché questo rifiuto era presente nel primo documento, la sua omissione nel testo attuale potrebbe apparire al mondo come una sorta di rifiuto della giustizia che  dobbiamo dare ai nostri fratelli ebrei.

 

Il secondo miglioramento può essere inserito nel testo nel par. 32, riga 32. Si aggiungano queste  parole:  " E non tutti gli ebrei al tempo di Cristo devono essere accusati della sua morte"

Così molti ebrei al tempo di Cristo, soprattutto nella diaspora, non sentirono affatto niente di Cristo, e, ovviamente, non potettero in alcun modo aver acconsentito alla sua morte. E 'altrettanto assurdo accusare tutti gli ebrei al tempo di Cristo della Sua morte come lo è  accusare tutti i romani di allora o del nostro tempo[3]   della medesima morte, perché il romano Pilato consegnò Gesù ai soldati romani che lo crocifissero.

 

Propongo il terzo e ultimo miglioramento a  mio nome.

A pagina 33, riga 20, deve essere aggiuna una  espressione della nostra speranza escatologica per la quale tutte le persone di ogni nazione, sia ebrei che gentili, devono essere uniti alla presenza del Padre. S. Paolo ha scritto nella sua Prima Lettera a Timoteo 2, 4 [leggi vv. 3-4]: "È cosa buona e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, che desidera che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità". Questo è  anche  l'applicazione  da dare alla molto bella affermazione nella costituzione "De Ecclesia", paragrafo 2, righe 10 e seguenti.

"Poi,comunque, come si legge nei santi Padri, tutti i giusti da Adamo 'da Abele, il giusto, fino all'ultimo degli eletti' saranno riuniti insieme alla presenza del Padre nella Chiesa universale."



[1]  o nel cap.IV dello schema Sull'Ecumenismo fornito a noi lo scorso anno. Lì viene detto che gli ebrei non sono colpevoli di deicidio

[2] dobbiamo confessare che tutti abbiamo peccato

[3] manca

*

 

10. Sua Eccellenza Bernard Stein Vescovo titolare di Dagno, Vescovo ausiliare di Trier (Germania Ovest)

Venerabili Padri e Sorelle in Cristo,

E 'evidente al lettore che la seconda dichiarazione Sugli ebrei e i non cristiani è ben pensata e composta con prudente moderazione. Pertanto, mi auguro vivamente che i Padri la approvino.

Ho trovato solo un luogo, in cui ho pensato che dovrebbe essere dato un po'di ammonimento, come Sua Eminenza König ha già accennato ieri[i], vale a dire nell'art. 33 (p. 447, riga 33 fino a pag. 48, riga 5).

In effetti, oggi un Padre ha detto che altri testi dovrebbero essere messi al posto dei testi della Sacra Scrittura citati in questo articolo. Sono d'accordo con questa asserzione se potessero essere trovati nella Sacra Scrittura testi più appropriati. Ma, purtroppo, secondo me  tali testi realmente non esistono.  Perchè[ii] né nei libri del Nuovo Testamento, né negli scritti dell'Antico Testamento vi è una simile affermazione, precisamente comprovata della paternità divina per tutti gli uomini. Vediamo! [iii]

I. a), secondo i sinottici, Gesù, predicando del Padre celeste, non volle annunciare che vi fosse un rapporto paterno in vigore tra l'Unico Dio e gli uomini, ma testimoniare: che Dio, nel quale i suoi ascoltatori credevano , in un certo senso tutto speciale che escludeva tutti gli altri, era il padre del solo unigenito, vale a dire di Gesù Cristo stesso. Lo stesso fatto è mostrato ancora più chiaramente nel Vangelo secondo Giovanni. I seguenti passaggi non si oppongono a questo punto di  vista:

            1. le parole[iv] del Signore "Amate i vostri nemici. . ., in modo che siate figli del Padre vostro. . .",  perché in questo passo non viene insegnata la paternità di Dio verso tutti gli uomini  , ma sono ammoniti i fedeli  che mostrando la carità verso tutti essi appaiano come figli di Dio Padre,[v]

            2. nè si oppone Lc cap. 3[vi]  dove nella genealogia di Gesù Adamo è detto essere di Dio; non viene insegnato in questo modo che Dio è il Padre di tutti gli uomini;

            3. nè si oppone At. cap.17 [vii]dove  le parole dell'Apostolo: "Perché noi siamo davvero suoi figli" non rappresentano una rivelazione divina, ma sono una citazione del poeta gentile Arato.

            b) Toglie ogni dubbio il modo in cui S.Paolo parla sempre. Chiaramente le parole in 1 Cor. cap.8[viii] accostano la creazione divina del mondo e il rapporto unico del Padre al Figlio. Si dice esplicitamente nella lettera agli Efesini cap.4[ix] "Un solo Dio Padre di tutti noi," il contesto comunque mostra chiaramente che questo passaggio ha a che fare solo con i fedeli cristiani. Inoltre, la lettera ai Romani insegna  che gli uomini  non sono fatti figli di Dio se non per mezzo della fede nello Spirito Santo attraverso Cristo[x]

            c) gli altri  scritti del Nuovo Testamento dichiarano che la rigenerazione  non avviene e la filiazione divina non si acquisisce se non per Cristo e in Cristo [xi]

II...[xii] I libri del Vecchio Testamento chiaramente affermano riguardo la connessione e interscambio tra Dio e gli uomini che l'uomo è immagine di Dio. Senza dubbio Dio non genera, ma crea la sua immagine,  in modo tale che l'uomo, che è stato divinamente creato, è congiunto con Dio da una necessità intima, senza che Dio sia detto Padre degli uomini.  Così la serie delle generazioni dell'umanità (nel cap. 5 Genesi[xiii]) inizia da Dio, ma da Dio come Creatore. Adam, tuttavia, non è chiamato figlio di Dio. Non creano obiezione le parole lette in Deut. cap.32[xiv]  "La Roccia che ti ha generato, tu hai trascurato;  hai dimenticato il Dio che ti ha procreato." Dio è esplicitamente detto di essere il creatore; si dice che abbia  generato, non per il  fatto che  è il creatore, ma dal fatto che, come appare dal contesto, ha scelto Israele con benigna liberalità   e, una volta stabilita l'alleanza, costituì il popolo come proprio.

Quindi  è chiaro in che senso Dio nei libri dell'Antico Testamento è chiamato Padre o così pensato : la divina volontà di salvezza,  del tutto liberamente scegliendo il popolo di Israele, rese "figlio" lo stesso popolo ... .[xv]

 Perciò la dottrina sulla paternità divina nei libri dell'Antico Testamento appare  essere inserita e subordinata chiaramente alla dottrina fondamentale che riguarda l'istituzione divina dell'alleanza ...[xvi].  Non crea obiezione  Siracide cap.36[xvii]  quando si dice del popolo di Dio che è il primogenito di Dio, perché questa espressione in nessun modo intendere o afferma che Dio è il Padre di tutti gli uomini.

In conclusione, quindi dovrebbe essere stato stabilito che i libri del Vecchio Testamento chiamano Dio Padre , perché Lui benignamente iniziò l'Alleanza con Abramo e la sua discendenza e fedelmente la conservò.

III.  Con queste osservazioni sembra certo   nella Sacra Scrittura del Vecchio e del Nuovo Testamento che  Dio non viene mai chiamato Padre di tutti gli uomini. Non voglio, però, negare che potrebbe essere Dio in un certo senso giustamente così chiamato. Il ragionamento teologico suole considerare la paternità divina in un triplice e diverso modo:

            1. In senso proprio e assai stretto si parla di paternità divina rispetto al solo Figlio unigenito, che è egli stesso una persona divina;

            2. In senso proprio e analogo è detto riguardo ai figli adottivi che[xviii] sono elevati  per grazia e presi a partecipare alla filiazione del Figlio, cosicchè, fatti partecipi della divina natura[xix],  per legge  possano dire: "Padre nostro che sei nei cieli;"

            3. Infine, in senso improprio e metaforico si può dire rispetto a tutti gli uomini, perché Dio, Creatore e Signore di tutti, accoglie benignamente tutte le creature e specialmente tutti gli uomini nel modo di un padre umano.

Ognuno vede che Dio è chiamato Padre in questo modo, anche se correttamente, tuttavia in un senso che è molto lontano da quello per il quale pregano i credenti nel Figlio al Padre suo celeste[xx]

Conclusione: io, quindi, propongo e chiedo che il testo dell'art. 33 sia cambiato circa così: "Il Signore Gesù splendidamente ha confermato quello che mostrano le Scritture dell'Antico Testamento e la ragione stessa  intendere,  che Dio Creatore, il benigno Signore di tutti, con cura paterna provvede a tutti. Noi invece fedeli in Cristo non possiamo chiamare il Signore Dio   nostro Padre celeste, se in relazione ad alcuni uomini , ecc. "[xxi]

Consegnerò per iscritto alla segreteria generale  un'argomentazione  più specifica[xxii]. Ho parlato.



[i]Nel testo fornito : manca

[ii]nasce una piuttosto grave difficoltà riguardo questo articolo perché esso afferma espressamente che Dio è il Padre di tutti gli uomini. In realtà questo medesimo insegnamento è affermato anche nella precedente stesura di questa dichiarazione (art. 31, pag. 33, riga 26) e nello schema Sulla divina rivelazione (art. 3, pag. 6, righe 26-27). Ma mentre in questi passaggi si parla  della paternità divina semplicemente riguardo gli esseri umani, nell'art. 33 esplicitamente si afferma che questo è l'insegnamento di Cristo, il Signore stesso del Vecchio Testamento. A dire il vero, però ...

[iii]manca

[iv]Mt 5,45

[v][v]vedi anche Lc 6,35

[vi]Lc 3,38

[vii]Att 17,24-28

[viii]1 Cor. 8, 6 ("per noi c'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e  noi siamo per lui»).

[ix]4,6

[x]confr. soprattutto  Rm 8: 14-16

[xi]confr. 1 Pt 1, 3; Gc 1, 18; 1 Gv 3: 1-10; eccetera.  Nessun opposizione viene da Gc 1, 17, dove Dio è chiamato "Padre della luce" e Eb 12,9 dove è chiamato " Padre degli spiriti"

[xii]nei libri del Vecchio Testamento, dove Dio è chiamato o pensato come "Padre" , che  accade di rado,  in nessun posto  "Padre" un attributo del nome divino o ha un significato equivalente al nome divino in sé. In particolare, Dio, come creatore del mondo e degli uomini, non è considerato di avere generato come un padre genera.

[xiii]Gen 5 ,1-5

[xiv]  Deut. 32 18, secondo la Vulgata

[xv] Confr. Dt 32: 5-6, il re teocratico (confr. Sal 89 (88) 27-29), Messia (confr. Sal 2, 7) e le singole persone  pie dal popolo d'Israele (confr. Sap 2 , 16-18)

[xvi] Così è proclamato solennemente "Voi siete i figli del Signore tuo Dio" (Deut.14,1). Allo stesso modo il profeta Osea  quando esorta i figli d'Israele a guardare al futuro l'ultima salvezza dice: «E avverrà che invece di dire loro 'Voi non siete popolo mio' , si dirà loro "Siete figli del Dio vivente" (Os 2, 1 o in Vulg. 1, 10).

[xvii]  36,17

[xviii] credenti  e speranti in Gesù Cristo Figlio unigenito con la carità infusa.

[xix] 2 Pt 1, 4.

[xx] La questione è se il Consiglio, senza fare una distinzione, dovrebbe usare questa espressione metaforica, specialmente dato che il Sacro Sinodo è abituato a uno studio serio, al fine di utilizzare in tutti i suoi documenti il ​​modo di parlare che la Sacra Scrittura usa.

[xxi] anche se creati ad immagine di Dio, ci rifiutiamo di comportarci fraternamente   Poichè  la relazione  di una persona con Dio e la relazione della stessa persona ad altre persone sono così strettamente collegate che ogni negazione della fraternità umana porta con sé una negazione di Dio.

[xxii] manca

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11. Sua Eccellenza Antonio Añoveros Ataun vescovo di Cadice (Spagna)


Venerabili Padri e carissimi tutti pazientissimi,

Ho umilmente il coraggio di chiedere ai giornali, e in generale a tutti i mezzi di comunicazione, in particolare quelli cattolici, di agire con la massima prudenza e carità, in cooperazione, quando percepiscono i problemi che riguardano la comprensione religiosa e le espressioni culturali delle nazioni musulmane, come ha detto il vescovo di Da Lat nel Vietnam.

Posso testimoniare che una volta ho evitato di essere espulso con alcuni fotografi e giornalisti che hanno offeso alcuni musulmani cercando di avere notizie dei loro costumi e riti.

Quando ho chiesto loro perché si comportavano in questo modo, hanno risposto: Questi fotografi e giornalisti tendono a prendersi gioco del nostro popolo, sia sui giornali, così come nei cinema di terre cristiane.

A dire il vero, i popoli musulmani amano Dio, aderiscono strettamente alla loro religione, e grandemente provano manifestazioni di carità fraterna, anche se vengono dette  altre cose.

Perciò, quando  sono realizzati collegamenti con altri gruppi cristiani che siano veramente pieni di spirito di carità, il dialogo avviene facilmente, e i pregiudizi di opposizione religiosa e sociale scompaiono.

Inoltre, essi rispettano queste manifestazioni esterne di culto dei cattolici con rispetto tollerante e urbanità.

Perciò, si abbia una stima rispettosa per le loro ricchezze spirituali e morali; e cerchiamo di essere convinti che la carità e la bontà dovrebbero essere un precetto per queste anime e popoli  "che sono degni di ammirazione, perché nel loro culto divino esiste il vero e il bene" (Paolo VI).

Il Sommo Pontefice Paolo VI, felicemente regnante, lo fece notare bene nella sua Enciclica Ecclesiam suam. Allora egli ha chiaramente affermato: "E 'giusto per noi rivelare ciò in cui crediamo, e cioè che l'unica vera religione è quella cristiana", aggiunge subito: "Non vogliamo, però, non rispettare con reverenza i beni spirituali e morali che sono presente in varie religioni che non sono insignite  con il nome cristiano; ciò insieme a loro aiuta a promuovere e proteggere  i beni spirituali e morali  che sono comuni nel campo della libertà religiosa, della fraternità umana, la conoscenza e la dottrina, il benessere sociale e l'ordine civile. Per quanto riguarda queste grandi cose , che noi e loro condividiamo, dovremo essere in grado di impegnarsi in un colloquio. "

Permettetemi di ricordare un caso in cui la carità e la bontà risplende, in una regione in cui i musulmani non sono pochi, nella città di Ceuta ( Una città in Nord Africagovernata dalla Spagna nei pressi di Gibilterra]. che credo sia un contributo all'amicizia e al dialogo.

C'è in quel luogo una parrocchia cattolica, dotato di semplici ed efficaci istituzioni di carità, il cui parroco si mostra un padre per tutti. Si reca tutte le case e porta aiuto costante a cristiani e musulmani. Venne un vescovo. E quanti  musulmani fu possibile, donne con il volto velato, lo accolsero  con i più grandi segni di rispetto. Entrarono nella chiesa parrocchiale, e anzi, in segno di onore piegarono le ginocchia, a capo scoperto!

Poco dopo, uno di loro, un capo, disse al vescovo, come sottolineò il pastore: "Quest'uomo è un vero fratello. Egli ci ama, e noi lo amano. Egli ci rispetta e ci capisce".

Essi stavano sperimentando bontà e amore! Vivevano come amici. In questo villaggio, dove un piccolo gruppo di cristiani vive in mezzo a molti musulmani, c'è un vero e proprio stato di salutare ecumenismo, in senso lato.

Vi è stata  una meravigliosa espressione di questo spirito ecumenico dei musulmani quando hanno ricevuto il nostro benedetto Papa Paolo, quando era in viaggio in Palestina, con ardore vigoroso, anche con emozione e venerazione.

Proposta di una raccomandazione. Che queste parole siano inseriti nella dichiarazione Sugli ebrei e i non cristiani, quando la commissione lo ritiene opportuno: Fate sì da esortare  i giornali e gli strumenti di comunicazione sociale, in particolare quelli cattolici,  a procedere con la massima prudenza e carità, quando si tratta di problemi e di questioni che potrebbero essere comuni negli affari religiosi, nella fratellanza umana, nel perseguimento del bene, nella  beneficienza sociale e nell'ordine civile che appartengono a diverse confessioni religiose non cristiane. Ho parlato.


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Inserito 27/06/2015