A lezione di ebraico. L’amicizia tra Alessandro Elishà da Fano e Achille Ratti

Italia      18/01/2014      2559

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Pubblicata su Osservatore Romano, 9-10 dicembre 2013

Due lettere — conservate presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana e datate l’una 21 luglio  1908, l’altra 10 aprile 1909 — costituiscono le prime prove accertate di un’amicizia a oggi sconosciuta, ma che segna invece una pagina importante nei rapporti tra ebraismo e Chiesa cattolica nel Novecento. Le missive, infatti, attestano l’amicizia tra il rabbino Alessandro Elishà da Fano, una delle figure più importanti dell’ebraismo italiano dei primi del Novecento, e Achille Ratti, futuro Pio XI.

Destinato a durare tutta la vita, il rapporto di vicendevole stima e amicizia tra il rabbino da Fano — insediato sin dal 1892, all’indomani dell’edificazione nel nuovo Tempio di via Guastalla a Milano — e monsignor Achille Ratti — allora Prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e professore presso il locale seminario — iniziò nella dialettica tra alunno e docente. Da Fano fu infatti l’insegnante di lingua ebraica del futuro cardinale arcivescovo di Milano e poi Papa. E anche all’infuori delle ore di lezione, monsignor Ratti  amava intrattenersi  nei locali dell’Ambrosiana o nella sede del rabbinato con il rabbino da Fano a discutere di grandi questioni religiose e culturali.

La stima era veramente profonda: il futuro Papa fu il primo professore di seminario a portare i propri allievi in sinagoga ad ascoltare le lezioni del rabbino di Milano. Fu proprio come segno di stima e ringraziamento, per il tempo a lui dedicato, che monsignor Achille Ratti donò al rabbino da Fano il libroHebrew and English Lexicon of the Old Testament (1906) su cui scrisse la seguente dedica: «All’Ecc.mo Sig. Cav. Alessandro da Fano Gran Rabbino. Il Sac. A. Ratti in piccolo segno di una grande e perenne riconoscenza, Luglio 1908. Biblioteca Ambrosiana».

È importante sottolineare che il rapporto del rabbino da Fano con i dottori dell’Ambrosiana continuò anche dopo l’elezione di Ratti al soglio pontificio. Da Fano infatti venne chiamato, insieme a Luca Beltrami, a redigere una schedatura dei volumi orientali dal prefetto della Ambrosiana, monsignor Giovanni Galbiati. Più precisamente, da Fano si occupò dei volumi manoscritti e a stampa del fondo ebraico, mentre Beltrami di quelli arabi, questi ultimi acquistati dalla Ambrosiana anche grazie a numerosi offerenti ebrei.

Ricordo che Luca Beltrami era amico di entrambi: sia del rabbino da Fano — è suo, tra l’altro, il progetto del tempio milanese di via Guastalla, del cui originale è purtroppo sopravvissuta agli eventi bellici la sola facciata — che di Achille Ratti — fu lui a progettarne la tiara.

Il legame speciale tra Alessandro da Fano e Achille Ratti si mantenne negli anni e continuò anche  successivamente all’elezione di Ratti al soglio pontificio. In una visita di Mussolini a Pio XI avvenuta l’11 febbraio 1932 — visita della quale si hanno pochissimi appunti o confidenze — è lo stesso Pontefice a informare il duce: «Sono stato anche scolaro del rabbino di Milano, da Fano, quando volli penetrare certe “nuances” della lingua ebraica». Similmente, ricordo l’esclamazione che Pio XI pronunciò contestualmente all’ordinare una risposta a David Prato, grande rabbino d’Alessandria d’Egitto: «Se sapesse che anche Noi siamo stati alunni del Gran Rabbino di Milano!».

Giunto a Roma, Pio XI ricevette  in Vaticano più volte il suo vecchio maestro e amico. Ricordo in particolare l’udienza privata del 20 novembre 1931 e quella del 1933, all’indomani dell’avvento del Terzo Reich. In questa occasione il Papa ascoltò con spirito di comprensione le espressioni di dolore pronunciate dal rabbino da Fano sulla sorte dei suoi fratelli in Germania. Lo stesso avverrà nel 1935, prima della promulgazione delle leggi razziali dunque, quando, poco prima di morire, Rav da Fano richiese e ottenne di incontrare Papa Ratti per ottenere il suo ausilio al fine di scongiurare provvedimenti antiebraici. Giotti da Fano, nipote del rabbino, ricorda ancora oggi che il Papa si espresse all’incirca con queste parole: «Fino a che siederò sulla Cattedra di Pietro non potrà accadere nulla agli ebrei italiani». Parole che trovano conferma della loro autenticità nella famosa, forte e critica interlocuzione che Pio XI rivolse a Mussolini in seguito al varo delle leggi razziali nel settembre del 1938: «Spiritualmente siamo tutti semiti» (e lo stesso Mussolini, nel discorso di Trieste del settembre 1938, accusò il Papa di difendere gli ebrei). Purtroppo però Pio XI non potrà mantenere la parola data al rabbino da Fano perché morirà il 10 febbraio 1939.

Alla morte di Da Fano, numerosissime furono le manifestazioni di cordoglio, si ricordano in particolare le condoglianze del monsignor Caccia Dominioni che espresse la partecipazione del Pontefice al lutto dei familiari, quelle del cardinale Shuster, e quelle del Prefetto dell’Ambrosiana monsignor Galbiati che scrisse una toccante lettera di condoglianze, ricordando le qualità morali e intellettuali dello scomparso rabbino.

Questo, anche oggi, è un ulteriore elemento cardine di qualsiasi dialogo tra ebrei e cristiani: conoscersi, frequentarsi, giungendo a comprendersi e stimarsi. In una parola, l’amicizia: un obiettivo religioso, specie a fronte di drammatici secoli di inimicizia e di insegnamento del disprezzo, mantenendo, proprio per questo, le proprie tradizioni e le differenze che ci distinguono.

Giotti da Fano ricorda anche come al termine di quello che fu l’ultimo incontro tra Pio XI e suo nonno avvenne un gesto che ha dell’incredibile: dopo l’abbraccio commosso tra loro, prima il rabbino da Fano impose le sue mani sulla testa del Papa benedicendolo con la benedizione sacerdotale, quindi il Papa impose le sue mani sul capo del rabbino da Fano benedicendolo.

Un duplice gesto storico, al di là di qualsiasi schema immaginabile, impensabile certamente prima del concilio Vaticano II e di Nostra aetate. Un tale gesto sarebbe stato ripetuto successivamente soltanto un’altra volta, da due insigni personalità mondo cristiano e del mondo ebraico, legate tra loro da forti sentimenti di stima e sincera amicizia: Carlo Maria Martini e il rabbino Giuseppe Laras.

Si pensi inoltre all’amicizia tra Giovanni Paolo II e il rabbino capo di Roma Elio Toaff, unico rabbino nella storia a essere citato nel testamento spirituale di un Papa. 

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