Italia 27/04/2014 1470
Pubblicata su La Stampa
«Con i loro gesti questi due Papi hanno cambiato il rapporto fra la Chiesa e gli ebrei». A parlare di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II è il rabbino Vittorio Della Rocca, 80 anni, memoria della Comunità capitolina, per oltre mezzo secolo a fianco del rabbino-capo Elio Toaff. Oggi vive fra Roma e Gerusalemme.
A quali gesti si riferisce?
«Penso anzitutto a quanto fece Giovanni XXIII il 17 marzo 1962, sorprendendoci. Avevamo appena finito la funzione del sabato e stavamo uscendo dalla Sinagoga quando la polizia ci chiese di rimanere immobili. Dopo pochi minuti vedemmo arrivare il corteo di auto di Giovanni XXIII. Passando davanti alla Sinagoga le vetture rallentarono, l'auto papale sollevò il tettuccio e Giovanni XXIII si alzò. Ci guardò e ci benedisse. Ero a fianco di Toaff, che osservò come avevamo assistito alla prima benedizione di un Papa nei confronti del popolo ebraico».
Che impressione vi fece Giovanni XXIII?
«Ricordo quel volto, in maniera nitida. Nella sua espressione c'era un misto di bontà e di sorpresa. Eravamo sorpresi noi a vedere lui e forse lo era anche lui a vedere noi, tutti in piedi, immobili ad osservar lo. Fu un incontro breve, casuale, ma molto intenso. Un piccolo grande gesto che si accompagnò all'epoca alla scelta di togliere l'espressione "perfidi giudei" dalla preghiera del venerdì di Pasqua e alla memoria di quanto aveva fatto Roncalli durante la Seconda Guerra Mondiale, prima a Istanbul e poi a Parigi, a favore degli ebrei perseguitati dai nazifascisti».
Che impatto ebbe quel gesto di Roncalli sugli ebrei romani?
«Quando, anni più tardi, Giovanni XXIII era in fin di vita assieme a Toaff andammo sul selciato di San Pietro guidando una delegazione della Comunità a pregare per lui. Fu una scelta che rifletteva i sentimenti di una comunità intera. Era diffusa la sensazione che Giovanni XXIII aveva cambiato il rapporto con gli ebrei dopo millenni di persecuzioni».
E nel caso di Giovanni Paolo II quali furono i gesti che più colpirono?
«La visita alla Sinagoga di Roma, nel1986, fu un evento spartiacque. Giovanni XXIII aveva sostato per caso, Giovanni Paolo II venne nel nostro Tempio. Appena varcata la soglia, sorprese il cerimoniale fermandosi un attimo. Guardò verso l'angolo dove sostavano i sopravvissuti ai campi di sterminio e li salutò per sottolineare l'importanza della Shoah. La conferma avvenne dopo la cerimonia. Quando Toaff mi presentò aggiungendo che mio padre era morto nella Shoah, Wojtyla mi chiese di raccontargli la sua storia. Volle sapere ogni dettaglio, a conferma che teneva molto alla memoria della Shoah».
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Relazioni Ebraico-Cristiane
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