Il Pioniere

Città del Vaticano      29/04/2014      1529

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Pubblicata su L'osservatore Romano

«Il popolo ebraico in tutto il mondo si ricorderà sempre degli anni del pontificato di Papa Paolo VI come dell’inizio di una nuova epoca per le relazioni cattoliche-ebraiche». Queste parole si leggono in un necrologio ebraico pubblicato a seguito della morte di Montini. Comincia così un articolo nel quale Kurt Koch sottolinea che non dobbiamo dimenticare che le relazioni ebraico-cattoliche ebbero la loro svolta iniziale già ai tempi del santo Papa Giovanni XXIII, il quale non solo aveva conosciuto di persona — durante i primi anni del suo servizio diplomatico — il tragico destino degli ebrei sotto il regime del terrore del Terzo Reich, ma era anche convinto della necessità di impostare su nuove basi il rapporto della Chiesa cattolica con l’ebraismo. 

Per questo, nel settembre del 1960, aveva incaricato l’allora segretariato per l’Unità dei cristiani di preparare una dichiarazione sul popolo ebraico per l’assemblea conciliare. Il grande merito di Paolo vi è stato dunque quello di aver raccolto con coerenza gli impulsi innovatori lanciati da Giovanni XXIII, approfondendoli dal punto di vista teologico e conferendo loro nuovi accenti.

Montini fu il primo Papa dei tempi moderni a lasciare il Vaticano e il primo viaggio del suo pontificato fu nel 1964 in Israele, certo non casualmente. Una visita che ebbe luogo in condizioni molto diverse rispetto a quelle in cui si svolgerà quella di Papa Francesco nel maggio prossimo. All’epoca, tra i luoghi che Paolo vi voleva visitare ve ne erano solo pochi che si trovavano sotto la giurisdizione d’Israele. I luoghi sacri di Gerusalemme e Betlemme erano ancora sotto l’autorità della Giordania. Inoltre la Santa Sede non aveva ancora riconosciuto lo Stato d’Israele e non aveva ancora con esso relazioni diplomatiche. Per non essere strumentalizzato da nessuna delle parti, Paolo vi si sforzò di evitare una presa di posizione politica e di sottolineare insistentemente il carattere religioso del suo pellegrinaggio.

card. Kurt Koch

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