Documenti sulla Nostra Aetate (1965)
Tutti i documenti sulla Nostra Aetate
Padri conciliari
Città del Vaticano
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RELATORI
12. Arcivescovo John Carmel Heenan
13. Arcivescovo Patrick Aloysius O'Boyle
14. Archbishop Peter Sfair
15. Archbishop Joseph Parecattil
16. Cardinal Lawrence Shehan
17. Archbishop Joseph Attipetty
18. Bishop Daniel Raymond Lamont
19. Bishop Jerome Joseph Podestà
20. Archbishop Joseph Tawil
21. Archbishop Joseph Descuffi
12. John Carmel Heenan
Arcivescovo di Westminster (Regno Unito)
Venerabili Fratelli,
Nessuna meraviglia che la nuova redazione della dichiarazione Sugli ebrei non sia stata da loro accolta con gioia. Il testo della bozza Sull’ecumenismo, pubblicato nella seconda sessione era noto a tutti, e anche agli ebrei. E’ naturale che ci si chieda perché sono stati fatti questi cambiamenti. Impossibile che nessuno avrebbe notato quanto questa versione sia diversa nel tenore e nello spirito. Poiché la dichiarazione attuale è meno gentile, meno cortese e meno amichevole. Il documento preparato dal Segretariato per l’Unità dei Cristiani – dopo le attente osservazioni dei Padri Conciliari – non è in tutte le sue parole il documento che avete nelle vostre mani.
Questa delicatezza (comunemente parlando, questa “sensibilità”) potrebbe essere il motivo per il quale in quasi tutti i loro quotidiani gli ebrei lamentano la citazione dall’epistola di S. Paolo[1]. Effettivamente, in questo passo[2] l’Apostolo dei Gentili sta parlando in senso escatologico del ritorno di tutto il popolo, anche gli Israeliti, all’unità del vero popolo di Dio. Non ho dubbi che questa citazione paolina sia stata fatta come un segno di amore fraterno e dell’anelito dei fratelli di Cristo all’unione con il resto dei figli di Dio. A mio avviso, perciò, gli ebrei giudicano, non correttamente, questa citazione come un invito o una chiamata a disertare immediatamente la loro religione.
Tuttavia, permettetemi di dichiarare che nel contesto di un movimento ecumenico la questione della conversione, sia di individui che di comunità, è veramente fuori posto. Infatti l’ecumenismo è interessato unicamente all’esame reciproco della verità religiosa. Ambedue le parti in dialogo non hanno in mente di riportare una vittoria ma di crescere in comprensione e verità. Poiché, dunque, nella nostra bozza l’argomento è l’unità dei cristiani, non troverete neanche una parola sulla conversione degli Ortodossi o dei non-Cattolici in Occidente. Nonostante ciò, resta la ferma speranza del ritorno di tutti i fratelli di Cristo in un unico ovile. Infatti, noi e i nostri stessi fratelli separati effondiamo preghiere sotto la guida dello Spirito Santo affinché tutti siamo uniti in un’unica, santa Chiesa.
E’ ovvio che la nostra intenzione è stata capita male dagli ebrei. Per questo fatto, sarebbe meglio lasciare la citazione da S. Paolo fuori dalla nostra dichiarazione. E in effetti, nella seconda parte della dichiarazione dove si discute degli altri non-cristiani[3], non si dice nulla sulla loro conversione. Al contrario, queste sono le parole nel testo: “Anche se differiscono in molte cose dal nostro popolo essi riflettono un raggio di quella Verità che illumina ogni persona che viene al mondo.” Se comunque queste persone hanno questo raggio di verità, quanto più luminosa è la religione ebraica che è, al tempo stesso, la radice della nostra fede! Come disse una volta papa Pio XI: “Siamo tutti semiti.”
Infine, vorrei fare questa aggiunta sulla notoria questione del deicidio. Nella versione precedente del nostro documento il popolo ebraico è stato dichiarato innocente del crimine di deicidio. Dovremmo ricordare che il testo più vecchio fu pubblicato in tutto il mondo. Se, quindi, queste parole di innocenza saranno rimosse, sembrerà al mondo intero che i Padri Conciliari, dopo aver considerato attentamente l’argomento per un anno, hanno deciso che il popolo ebraico, nel suo insieme, almeno al tempo di Cristo, è stato realmente colpevole del crimine di deicidio.
Gli ebrei di questo secolo hanno sopportato serie, veramente inumane ingiustizie. Nel nome del nostro Signore Gesù Cristo che ha perdonato i suoi persecutori sulla croce, io chiedo umilmente che la nostra dichiarazione dica chiaramente che il popolo ebraico in quanto tale non è colpevole della morte del Signore. Sarebbe sicuramente ingiusto dichiarare tutti i cristiani d’Europa colpevoli dell’uccisione di sei [milioni] di ebrei ai giorni nostri in Germania e Polonia.
Nelle nostre preghiere, prima di questa congregazione, abbiamo usato queste parole: “Signore Santo, che ami la suprema giustizia, non permettere che siamo disturbatori della giustizia”. Io dico che condannare il popolo ebraico per la morte di Cristo sarebbe disturbare la giustizia[4]. Ho parlato.
Nel testo presentato:
[1]Riga 25 della seconda dichiarazione p. 1.
[1]Come posso dire
[1]Riga 18
[1]Similmente dico che è ingiusto.
13. Sua Eccellenza Patrick Aloysius O’Boyle
Arcivescovo di Washington, D.C. (Stati Uniti)
Venerabili fratelli,
Parlando della dichiarazione Sugli ebrei e i non cristiani, vorrei proporre alcuni miglioramenti suggeriti da considerazioni di ordine pratico che sorgono spontanee nella mente di un vescovo nella cui terra natale vivono più ebrei di qualunque altra parte del mondo, che continuamente esprimono obiezioni mirate al contenuto di questa dichiarazione.
E’ vero, questa dichiarazione è presentata come un comunicato dei vescovi cattolici indirizzato primariamente ai cattolici. Nondimeno, lo spirito di questa dichiarazione è ecumenico, e in definitiva ciò che propone sarà studiato intensamente dagli ebrei, che sono i primi interessati. Perciò, lo spirito, lo stile e il linguaggio di questa dichiarazione devono avere un obiettivo ecumenico. La carità di Cristo ci spinge ad esprimere i nostri pensieri in modo da non offendere inutilmente, e allo stesso tempo a parlare in modo intelligibile per gli ebrei e in armonia con la speranza e le aspirazioni dello spirito ebraico.
Questo non significa che le verità della fede cattolica devono essere occultate da un falso “irenismo”. In realtà significa che le nostre affermazioni dovrebbero essere quanto più precise ed esatte, e dovrebbero essere guidate dal dono della sapienza, dalla “conoscenza animata dalla carità” che è attenta al contesto storico in cui le nostre parole vengono capite da ciascun ebreo. Temo che la dichiarazione non si conformi del tutto a questa norma. In verità, in alcuni punti la dichiarazione manca di verità e non riesce a prestare attenzione alle sensibilità delicate che la storia ha creato nelle anime del popolo ebraico.
Il primo esempio si trova al n. 32, linee 23-27: “l’unione del popolo ebraico con la Chiesa” e “l’accesso di questo popolo… alla pienezza del popolo di Dio” suggerisce immediatamente alla mente ebraica l’ardente desiderio da parte dei cattolici che gli ebrei si convertano. La parola “conversione” richiama alla mente ebraica la memoria delle persecuzioni, i dolori e i rinnegamenti forzati di tutte le verità che ogni ebreo soggettivamente e in buona fede ama con sincerità. Quando, perciò, sentono che i cattolici desiderano guadagnare una “conversione” pensano al ritorno di quel “proselitismo” che per secoli ha violato i loro diritti e la loro dignità personale.
Certamente, la conversione degli ebrei e di tutti i popoli alla fede cattolica è oggetto della speranza di tutti i cattolici. Ma, come afferma S. Tommaso, una speranza che riguarda il vicino deve essere governata dalla moderazione. Non possiamo mai dimenticare che la speranza della conversione degli ebrei non dà certezza di buona riuscita. Il destino del popolo ebraico dipende completamente dalle disposizioni della Divina Provvidenza e dalla grazia di Dio.
Per questa ragione, se noi esprimiamo la nostra speranza con parole che portano gli ebrei ad interpretarle nel senso di una intenzione definita e cosciente di lavorare per la loro conversione, alzeremmo un altro muro che ci separerebbe da un dialogo santo e fruttuoso con il popolo ebraico.1
Allo stesso modo, l’attenzione alla verità e alla carità mi spingono a ripetere l’opinione di Sua Eminenza il Card. Meyer, che cioè nel n. 32, alle linee 28-32, la dichiarazione deve essere completamente cambiata. In queste righe come sono adesso, la dichiarazione propone solo mezza verità e certamente offenderà gli ebrei. Parlare del ruolo degli ebrei nella dichiarazione dice a morte di Gesù, la dichiarazione dice che ciò che è accaduto nella Passione di Cristo non deve essere imputato agli ebrei del nostro tempo. Questa affermazione differisce dalle parole del Catechismo del Concilio di Trento e della Summa di S. Tommaso (III, q. 47, a. 5 ad corpus) – e precisamente che nessuno degli ebrei del tempo di Cristo era formalmente colpevole del crimine di deicidio, e che una più grande parte degli ebrei di quel tempo non erano né formalmente né soggettivamente colpevoli dell’ingiustizia della morte di Cristo. Una volta fatte queste inserzioni, presenteremo la verità piena che gli ebrei sperano e desiderano. Solo una tale dichiarazione libererà gli ebrei dall’onta che gli è stata gettata addosso per molti secoli. La carità di Cristo ci impone di fare questa affermazione2. Ho detto. Grazie.
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Nel testo consegnato:
1. Posso aggiungere: esprimendo la speranza per la conversione degli ebrei e di tutti gli altri popoli, la dichiarazione, nelle linee 23/27 va oltre i limiti del preciso insegnamento cattolico, poiché nella dichiarazione il testo della lettera di S. Paolo ai Romani 11,15 è citato dove l’Apostolo usa parole così indefinite e misteriose che anche gli esegeti cattolici ne propongono interpretazioni differenti. Perciò sarebbe meglio ammettere i limiti della nostra conoscenza e le vie nascoste della divina Provvidenza.
Sarebbe meglio se esprimessimo la nostra speranza per una conversione degli ebrei in modo tale che essi stessi capissero il nostro rispetto per la loro sincerità e la nostra umile conoscenza della verità che la salvezza non dipende da noi, ma dalla sublime azione di Dio.
Io, perciò, propongo che siano usate le seguenti parole per il paragrafo in questione: “Va ricordato che l'unione degli ebrei con noi è parte della speranza cristiana. La Chiesa con fede ferma e con desiderio ardente attende questa unione da Dio nel tempo da lui stabilito, in un modo che è nascosto nella Sua sapienza (cf. Rom 11,25-26)”.
2. Concludo suggerendo che la dichiarazione includa un atto di umiltà e contrizione che solo può muovere i cuori, e che ogni giorno la Chiesa chiede al Signore di “perdonare le nostre trasgressioni”. Una dichiarazione veramente cristiana che riguarda gli ebrei non può tacere il fatto che per secoli sono stati inflitti a questo popolo ingiustizia e crudeltà da alcuni cristiani. Il miglior modo di dimostrare il nostro amore per il popolo prescelto da tanto tempo da Dio, un popolo da cui sono venuti Gesù e Maria, un popolo anche oggi caro a Dio per le sue virtù e la sua pietà, consiste in questo: che cerchiamo formalmente il perdono dal popolo ebraico per le sofferenze e le ingiustizie con cui alcuni cristiani hanno macchiato la storia di questo popolo.
14. Sua eccellenza Peter Sfair
Arcivescovo titolare di Nisibis dei Maroniti (Turchia)
Venerabili fratelli,
Nella bozza Sull’Ecumenismo e specialmente dove è scritto1: “la dichiarazione Sugli ebrei e i non-cristiani”2 riguardo ai musulmani leggiamo: “che adorano il Dio unico, che è personale e che ricompensa”. Eccellente, anche se insufficiente. Ma più avanti, sempre sui musulmani, è detto: “si sono avvicinati a noi sia in senso religioso che in moltissime espressioni della cultura umana”.
In pochissime parole, vorrei fare un’osservazione su questa frase3.
Nella mia precedente4comunicazione consegnata al segretariato del Concilio5che non fu letta alla presenza dei Padri, ho detto che Maometto ha detto che Cristo è stato chiamato Parola di Dio e Parola di Verità, e che Maria è stata esaltata tra le donne dell’universo intero. Ho anche affermato che Maometto ha detto che Cristo è stato concepito dallo Spirito Santo nel grembo di Maria. Non è questione, quindi, della nascita verginale di Cristo, ma del concepimento per opera dello Spirito Supremo6.
Ora aggiungo che alcuni Santi Padri, come S. Giovanni Damasceno, S. Massimo e altri7, pensavano che l’Islam era una eresia cristiana. Non consideravano i musulmani degli infedeli8. Inoltre, va notato che Mu‘āwiyah, che conosceva bene Maometto e che fondò il primo califfato nella monarchia, e che oltre che califfo fu fatto anche sovrano temporale, questo Mu‘āwiyah9, ho detto, prima che venisse in possesso dell’Impero, ricorse al Calvario per amore della preghiera e pregò anche sulla tomba della Beata Vergine Maria. Sotto il suo regno, l’amministratore del Tesoro imperiale e delle Spese Militari, anche nel tempo della guerra, fu Ibn Sargun, definito “la più cristiana delle persone”, nonno di S. Giovanni Damasceno. C’erano molti cristiani impegnati permanentemente nella sua amministrazione. Oltre a tutto ciò, poiché in questa sede è si è recentemente discusso della libertà religiosa, aiuta ricordare ciò che disse Maometto: “non lasciate mai che la forza o la costrizione entrino nelle questioni religiose”10.
Perciò, qualunque sia la verità riguardo agli abusi recenti o remoti, le religioni del lontano Oriente e di altre aree non sono più prossime alla Cristianità della religione dell’Islam, perché questa include dogmi cristiani tra le verità in cui credere11.
Potrei aggiungere molte altre cose, ma queste dovrebbero essere sufficienti a convincere12che qui non si tratta di una questione di comunicazione di cultura umana, inappropriata in questo contesto13, ma di ciò che l’islam propone come credo e che chiede sia creduto. E’ una questione di cose che devono essere credute e non, in senso religioso. Questa frase, perciò, deve essere completamente modificata, nella mia modesta opinione, cambiata e14amplificata includendo i punti da me esposti. Non dico che debbano tutti essere inseriti, ma almeno alcuni15, in modo che i musulmani non si sentano offesi a causa della più diffusa spiegazione data per quanto riguarda gli ebrei nella dichiarazione menzionata precedentemente, e in modo tale che le missioni cattoliche, che sono moltissime tra i musulmani, non incorrano in perdite ulteriori a causa di tale offesa.
Dico “in modo che i musulmani non si sentano offesi” perché è risaputo che da lungo tempo esiste odio tra musulmani ed ebrei, odio sempre esistito ed esistente tutt’ora16, e la cosa peggiore è che si cerca la sua origine nel Corano. Le risposte che vengono date dall’Istituto dei Padri Domenicani del Cairo e dall’Istituto dei Reverendissimi Padri Bianchi in Tunisia menzionati nel Rapporto (pp. 28-31) non raggiungeranno il popolo musulmano sparso ovunque come i decreti del Concilio che, come ha detto il card. Bea, hanno suscitato interesse nel mondo intero e raggiungeranno anche la gente comune e l’illetterato.
Perciò posso concludere dicendo: “che le più alte Autorità facciano in modo che le missioni cattoliche non subiscano perdite” 17. Ho detto.
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Nel testo scritto consegnato:
1. in.
2. p. (8) 48.
3. Mancante.
4. Mancante
5. L’anno scorso.
6. Mancante.
7. Mancante.
8. Mancante.
9. Mancante.
10. Cosa.
11. Mancante.
12. Devono essere conosciuti.
13. Cf. p. (8) 48, lines 22-23.
14. Mancante.
15. Mancante.
16. Mancante.
17. Mancante.
15. Sua Eccellenza Joseph Parecattil
Arcivescovo di Ernakulam (India)
Venerabili fratelli,
Vorrei dire qualche parola sui nn. 33-34 che riguardano i non-cristiani. Anche se volentieri accetto le parole che vi vengono dette, penso che questo punto, almeno a me sembra, debba essere ulteriormente sviluppato; infatti, la missione della Chiesa è quella di predicare il Vangelo a tutte le creature1e di presentare i mezzi di salvezza ad ogni essere che vive in questo mondo. Poiché una larga parte dell’umanità ignora ancora questa buona notizia, è chiarissimo che abbiamo un serio impegno nei suoi confronti. Consapevole di questo impegno, il nostro Santo Padre Paolo VI ha creato recentemente il Segretariato per i Non-Cristiani.
Nella nostra bozza, nei numeri citati sopra, vi è un’esortazione, e in effetti è giusto così, ad osservare la carità nei riguardi dei non-cristiani e vi si dice anche “che dovremmo considerare con riverenza le opinioni e gli insegnamenti che, anche se in molti modi in disaccordo con le nostre opinioni e insegnamenti, ciononostante riflettono i raggi di quella verità che illumina ogni persona così come viene al mondo”.
Questo suggerimento è davvero encomiabile. Sembra, tuttavia, di poter progredire ulteriormente e trovare nei libri sacri delle religioni non-cristiane i veri fondamenti che la rivelazione di Cristo richiede. Come dice l’Apostolo Paolo, “la creazione intera geme nelle doglie del parto”2nell’attesa della piena rivelazione di figli di Dio.
Questo è vero in special modo per i seguaci sinceri e devoti delle maggiori religioni non-cristiane come gli Indu. Infatti, i loro libri sacri documentano veramente questo travaglio per Cristo3. Così nelle Upanishad i libri sacri degli Indù, possiamo individuare una certa vera aspirazione a Dio, Colui che dirige e libera. Anche se non conoscono Cristo, in realtà lo cercano. Da questa realtà del lavoro dello Spirito Santo nei cuori delle nazioni, seguono molte conclusioni di assoluta importanza per i nostri obiettivi:
1. Cristo non deve essere rappresentato come del tutto estraneo e sconosciuto ai seguaci sinceri delle religioni non-cristiane, ma piuttosto come colui che i loro cuori attendono e che compirà sovrabbondantemente le loro aspettative.
2. La conversione per ragioni puramente temporali e raggiunta per mezzo di persuasione esterna, senza una reale convinzione interiore dovrebbe essere scoraggiata. È opportuno far sì che la Parola di Dio da sé stessa e attraverso la vita esemplare dei cristiani eserciti la sua influenza sui non-cristiani.
3. Nell’attuale situazione, col pericolo imminente dell’ateismo e del materialismo, il ministro cristiano dovrebbe usare ogni diligenza e preferire che le nazioni rimangano ferventi nella loro religione nativa piuttosto che prive di ogni sentimento religioso. Tale precauzione si dovrebbe applicare specialmente nel caso dei non cattolici che frequentano le scuole cattoliche.
4. Per presentare Cristo in maniera corretta, dovremmo instaurare un sincero dialogo con i non-cristiani. In tal modo sparirebbero i tanti pregiudizi di una parte e dell’altra. Recentemente, a Nuova Dehli in India, abbiamo tenuto una conferenza cin i rappresentanti di varie religioni. Oggigiorno, un tale dialogo con i non-cristiani non solo pare utile ma davvero necessario.
5. La Chiesa dovrebbe riconoscere liberamente il suo bisogno di prendere per sé stessa tutto il buono delle religioni e delle culture umane. Dovrebbe incarnarsi in ogni cultura e in ogni valore umano.4 La Chiesa ha assunto nel suo culto molte feste e cerimonie di Egitto e Fenicia, ha accettato le leggi umane di Babilonia, utilizzato la filosofia greca nel suo insegnamento5e imitato l’organizzazione amministrativa dei Romani. Prendendo da loro, ha donato se stessa alle nazioni e le ha evangelizzate. Sarà, perciò, molto utile studiare le religioni più antiche, ad esempio di India e Cina, le cui culture e filosofie sono originali e antichissime. La cattolicità della Chiesa richiede di entrare in dialogo con queste religioni, imparando il loro modo di pensare di concepire le idee, così da saper proporre in modo più pieno e intellegibile l’ineffabile mistero divino agli esseri umani.
Se riconosciamo il lavoro invisibile dello Spirito Santo nei cuori delle nazioni e ammettiamo che chiunque cerchi Dio sinceramente Gli sia gradito, dovremmo anche riconoscere una qualche unità di tutti coloro che adorano Dio in Spirito e in verità. È appropriato per noi esprimere esternamente questa unità evitando lo scandalo e il pericolo dell’indifferentismo: riunendo gruppi interreligiosi per lo studio e la preghiera, facendo pregare anche i non-cristiani nelle nostre chiese, e infine cooperarando nelle questioni sociali, politiche, culturali e morali possiamo in qualche modo iniziare ad esprimere questa unità fino a quando tutti i Servi di Dio saranno radunati nell’unica Chiesa. Ho detto.
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Nel testo consegnato:
1. Per esempio, comunicare la buona notizia della redenzione.
2. Rom 8, 12 [sic] [si veda 22].
3. Se riconosciamo in qualche modo la provvidenza divina nelle storie di queste nazioni come nella storia del popolo eletto, possiamo vedere nei loro libri delle espressioni genuine del sentimento religioso, una sorta di Testamento universale.
4. positivo.
5. Di lei.
16. Sua Eminenza Card. Lawrence Shehan
Arcivescovo di Baltimora (Stati Uniti)
Venerabili Fratelli,
Giacché è mia opinione che tutti gli argomenti riguardanti la dichiarazione Sugli ebrei sono stati trattati vigorosamente e bene, vorrei consegnare al Segretario generale le mie osservazioni scritte.
Testo consegnato:
Parlo in nome di quasi tutti i vescovi degli Stati Uniti d’America. In generale, siamo molto contenti di questa dichiarazione. La prima parte di questa dichiarazione dovrebbe davvero promuovere relazioni reciproche e amichevoli tra la Chiesa e i suoi figli e gli ebrei. In essa, la nostra stima, benevolenza e carità verso gli ebrei dovrebbero essere espresse in modo da essere comprese da loro correttamente, in modo che il popolo ebraico sia ben disposto a ricevere la luce di tutta la verità.
Da parte nostra, mentre va data per scontata la forte adesione alla stessa verità, dobbiamo anzitutto tenere davanti agli occhi due principi nel trattare gli argomenti che toccano i punti di cui sopra:
1) Non deve essere detto nulla che sembri gratuitamente offensivo per gli ebrei.
2) Vanno apertamente dichiarate le cose che riteniamo necessarie a rimuovere da di mezzo a noi le fonti dei disaccordi tra noi e gli ebrei.
In forza di questi principi propongo i seguenti miglioramenti al testo della dichiarazione:
1) Seguendo la direzione del principio di “non dire nulla che sembri gratuitamente offensivo per gli ebrei” rimuoviamo dalla dichiarazione le parole a pagina 7, righe 23-27,
La ragione di questa rimozione è: Tutti i cattolici sanno bene ciò per cui debbono sperare, pregare e lavorare “per l’accesso di questo popolo alla pienezza del popolo di Dio che Cristo ha stabilito”. Anche gli altri non-cattolici, e gli ebrei non sono un’eccezione, conoscono bene questo desiderio della Chiesa. A che serve ripetere questa affermazione nella nostra dichiarazione?
Nel contesto della dichiarazione queste parole, create per completare il nostro insegnamento, di fatto hanno creato il terreno del sospetto da parte degli ebrei su quale benevolenza esse manifestino da parte della Chiesa. Infatti, gli ebrei prendono queste parole, in questa brevissima dichiarazione, piuttosto come la speranza di distruggere la nazione ebraica come tale anziché come il culmine glorioso del destino dello stesso popolo. E di fatto queste parole sono considerate offensive, anche perché non si trova una sola parola in questa breve dichiarazione che parli della conversione dei musulmani o degli altri non-cristiani. Se davvero i Padri giudicano opportuna un’esplicita menzione dell’unione con Cristo di tutti i popoli, che effettivamente Dio vuole tutti salvi, il posto più inopportuno per parlare di questo è proprio alla fine o alla conclusione di questa dichiarazione.
2) Sotto la direttiva del secondo principio “di parlare apertamente di ciò che è necessario per rimuovere le fonti dei disaccordi”, riteniamo che debbano essere fatti tre miglioramenti.
a) Il Concilio ecumenico deve condannare chiaramente e con parole prive di ambiguità o timidezza l’accusa del crimine di deicidio
L’eminentissimo relatore [Card. Bea] ha spiegato molto chiaramente che gli ebrei, anche quelli che vivevano al tempo di Cristo e in Palestina, secondo la testimonianza delle sacre Scritture, non furono formalmente colpevoli del crimine di deicidio. Perciò, è falso e ingiusto ascrivere un tale mostruoso crimine agli ebrei, come popolo o come individui, di quel tempo o di ogni altro tempo. Ma ormai per secoli, e in modi diversi, questa accusa è stata parte di quell’oscuro aggregato di idee e passioni che nutrono e favoriscono l’antisemitismo. Nella mente degli ebrei del nostro tempo quest’accusa è una delle cause più significative dell’antisemitismo e specialmente della detestabile manifestazione di antisemitismo che ha condotto in questo secolo alla tragedia del popolo ebraico, una dolorosa memoria per tutti noi. Se il Sommo Pontefice non ha esitato a rimuovere dalla liturgia latina del sesto giorno della Seconda Settimana del Tempo della Passione di Nostro Signore le antiche parole “perfidi” e “perfidia” riferite agli ebrei, nonostante siano state capite in modo non corretto, quanto più dovremmo condannare l’accusa di deicidio, semplicemente falsa e ingiusta.
Quindi propongo che nella riga 30, pagina 7, dopo le parole “farli apparire” sia aggiunto: ”o lasciare che siano denunciati come deicidi”.
b) Propongo che alla riga 31 della stessa pagina le seguenti parole: “produrre odio e disprezzo per gli ebrei” sostituiscano “alienare dagli ebrei.”
La ragione di questo miglioramento è che, vista la tragedia moderna del popolo ebreo richiamata sopra, le parole del testo sembrano troppo deboli. L’affermazione che riporta parole che esprimono veramente la forza dell’antisemitismo sembra più adatta.
c) Infine, nella stessa pagina, righe 28-32, cambiamo l’ordine della frase in modo che l’intera sezione reciti come segue: “Perciò, che tutti abbiano cura, nel dare la catechesi e nella predicazione della parola di Dio, o nelle conversazioni quotidiane, di non presentare il popolo ebraico come una nazione condannata, o accusarla di deicidio, per evitare che gli ebrei del nostro tempo siano ritenuti responsabili di quanto accaduto nella Passione di Cristo. Insomma, che siano attenti a non dire o fare nulla che possa produrre nelle menti (del popolo) odio o disprezzo per gli ebrei”.
La ragione di questo miglioramento è che vi sia un ordine migliore nella sezione, in modo che dai particolari della prima frase si arrivi al pronunciamento di un principio generale nella seconda. Diversamente, la prima frase, come si trova nel testo, sembrerebbe solo un poscritto o un’aggiunta.
In aggiunta a ciò che riguarda la giustizia e la verità che dovrebbero prevalere, noi che abbiamo già vissuto come vicini degli ebrei per molti anni, e che ci incontriamo amichevolmente con loro, conosciamo altre eccellenti ragioni perché il Concilio produca una dichiarazione chiara, sincera e senza esitazioni. La prosperità della Chiesa nel nostro Paese dipende in modo speciale dalla buona volontà sia dei cattolici che dei non-cattolici. Affinché la Chiesa resti libera in quelle terre dove potrebbero sorgere processi provocati dall’indebolimento delle tasse e affinché le nostre scuole – che dovrebbero essere annoverate tra le maggiori cause della forza della Chiesa degli Stati Uniti – possano ricevere dal governo civile l’assistenza dovuta, dobbiamo non solo essere giusti, ma dobbiamo anche apparire giusti. La dichiarazione sugli ebrei darà un grande contributo a questo fine se in essa non viene trovato niente di gratuitamente offensivo, e se nulla di quanto dovrebbe essere dichiarato chiaramente e apertamente, rimane non detto.
17. Sua Eccellenza Joseph Attipetty
Arcivescovo di Verapoly (India)
Venerabili fratelli,
Permettetemi di fare la seguente osservazione in nome di molti vescovi di India1
Alla riga 20, pagina 8,2 si legge “Abbracciamo così in modo speciale anche i musulmani…” Questa affermazione dovrebbe essere espressa in un altro modo. Infatti, dovremmo abbracciare con la stessa carità musulmani ed altri, che siano devoti all’Induismo, o buddisti, o seguaci di Confucio, ecc. Questa preferenza per i musulmani appare offensiva e suscettibile di interpretazioni equivoche. Neanche questo punto contenuto nella bozza la sostiene: “essi adorano un Dio, che è personale e che ricompensa, hanno senso religioso e ci sono vicini per le molte condivisioni della cultura umana”.
1. Perché altri fedeli devoti all’Induismo adorano un Dio personale che ricompensa, e sono dotati di un intimo senso religioso.
2. Il fatto che i musulmani ci sono più vicini di altri popoli è un fatto puramente storico: ma ora intendiamo avvicinarci ai popoli di queste religioni di India ed Africa, e loro stessi desiderano avvicinarsi a noi.
Preferirei che la frase sia cambiata in questo modo: “Abbracciamo in modo speciale tutti coloro che adorano Dio e sono dotati di senso religioso, come succede ai musulmani, agli induisti e a molti altri devoti delle religioni di Asia, Africa e altre nazioni”. Ho detto.
Nel testo scritto consegnato:
1. No. 32. Questa sezione è soddisfacente in certa misura. Nelle righe 31-32, al posto di “Facciano attenzione a non [ascrivere] agli ebrei del nostro tempo le cose che…” si legga: “Facciano attenzione a non [ascrivere] agli ebrei ciò che nella Passione...” Mi spiego: quanto accaduto nella Passione di Cristo deve essere attribuito alle persone che vi hanno preso parte. La colpa collettiva dell’intera nazione ebraica per il semplice fatto che il popolo di quell’epoca apparteneva ad essa, è inammissibile sia sul piano morale che sul piano giuridico.
2. 21, pagina (8) 48.
18. Sua Eccellenza Daniel Raymond Lamont
Vescovo di Umtali (Zimbabwe)
Venerabili fratelli,
Nel suo rapporto Sua Eminenza il Card. Bea1 ha indicato così chiaramente ed onestamente perché ci stiamo occupando degli ebrei in questo Concilio2che nondovrebbero più esserci dubbisulla questione nelle menti di coloro che3, invero, continuano a ripetere che questo tipo di questioni è stata introdotta nel Concilio per ragioni che (per non dire altro) non erano teologiche. Insieme al relatore [Cardinal Bea] ripetiamo ancora e ancora che dietro la questione oggetto della nostra considerazione, non c’è assolutamente traccia di opportunismo politico o di qualsiasi altra ragione meno degna della fatica del Concilio4.
Poiché (come il nostro Eminente relatore ha detto) molti attribuiranno un buon o cattivo giudizio sul Concilio sulla base dell’approvazione o non-approvazione di questa dichiarazione e dal momento che, per quanto possibile, ogni sospetto di natura politica deve essere rimosso, mi sembra che faccia una grande differenza se questa dichiarazione Sugli ebrei e i non-cristiani5fosse unita logicamente con la dichiarazione precedente. Infatti, questa connessione esiste, anche se non appare così evidente dalla disposizione attuale delle due dichiarazioni.6
Perciò, propongo che l’ordine dei paragrafi sia cambiato un po’ nella seconda dichiarazione in modo che il paragrafo 33 sia trattato prima7e immediatamente dopo il paragrafo “Sul comune patrimonio dei cristiani con gli ebrei”. In questo modo il testo apparirebbe così: Primo, “sulla libertà religiosa”, dove vengono esposti i principi riguardanti la nostra relazione con tutti i popoli; secondo, come consegue a questi principi, la discussione del paragrafo8”Tutti i popoli hanno Dio per Padre”;9infine, “Sugli ebrei”, che hanno intime relazioni con noi nella storia della Divina Provvidenza.
Una volta impostata in tal modo questa sequenza di argomenti, mi sembra che risulterebbe più chiaro che nel Concilio abbiamo a che fare con gli ebrei perché mossi da ragioni teologiche, e solo quelle.10L’ordine logico che evolve dal genere alle specie, supporta questo punto.
Né alcuno potrebbe ragionevolmente dire che – se ci impegniamo a trattare degli ebrei in primo luogo, dopo averlo fatto genericamente con tutti i popoli – riversiamo troppo onore sul popolo eletto dell’Antica Alleanza: considerare l’azione di Dio riguardo a noi, non afferma altrimenti.11 Non è forse il popolo eletto dell’Antica Alleanza la roccia dalla quale il popolo eletto della Nuova Alleanza è stato scolpito? Non trattare dei nostri fratelli, gli ebrei, nel Concilio12sarebbe tanto assurdo quanto scrivere una storia d’Europa senza menzionare l’Impero Romano!13
In secondo luogo, nel paragrafo 3214 leggiamo: “che tutti abbiano cura, nel dare la catechesi e nella predicazione della parola di Dio, o nelle conversazioni quotidiane, di non presentare il popolo ebraico come una nazione condannata.” Questa è veramente una frase eccellente, ma mi chiedo: È necessario che il Concilio introduca questa ammonizione esprimendosi con queste parole? Davvero l’antisemitismo è così diffuso nella Chiesa dei giorni nostri che il Concilio deve minacciare i catechisti e i predicatori a non dire nulla contro gli ebrei? Non ne sono tanto convinto. Invece, posso attestare per esperienza di non aver mai sentito nella catechesi e nella predicazione, nella mia terra natale come nelle terre cosiddette di missione, gli ebrei condannati come una nazione maledetta. Di più, sono certo che tra noi qui presenti nessuno ha mai permesso o permette di predicare un insegnamento tanto odioso.
Penso che dobbiamo procedere con cautela, affinché scusando gli ebrei non finiamo con il dichiarare ingiustamente colpevoli di un crimine noi stessi, o lasciamo in eredità al futuro il sospetto che in questo tempo la Chiesa di Dio, o ogni vescovo che rappresenta la Chiesa, era colpevole di questo crimine. Gli stessi ebrei non ci accusano di questo e perciò sarebbe arbitrariamente sconveniente gravare noi stessi del peccato di altri. Chiedo, perciò, che in un altro modo, comunque molto chiaramente e senza nessuna ambiguità, esprimiamo in una maniera più positiva15 il nostro desiderio che tutti i cristiani tengano in onore il popolo ebraico.
Infine, sia permesso sperare che il Segretariato per la Promozione dell’Unità dei Cristiani continui anche dopo il Concilio, affinché il lavoro tanto felicemente iniziato ed i ricchi frutti prodotti non cadano in pericolo. Ho detto.
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Nel testo scritto consegnato:
1. Egli ha già spiegato perché stiamo trattando degli ebrei nel Concilio.
2. Lui.
3. Non so perché --.
4. Non lo ripeteremo mai abbastanza.
5. (Non so perché nel titolo sia permessa questa tautologia).
6. Così, per il raggiungimento della nostra meta, dico che sarebbe molto meglio se l’esistenza di questa connessione fosse chiara.
7. “Tutti i popoli hanno Dio per Padre.”
8. Il cui titolo.
9. Dove si mostra che tutti i popoli sono fratelli nella famiglia divina.
10. Mancante.
11. Non siamo noi cristiani spiritualmente figli di Shem, e non abbiamo nell’Ebraismo la nostra origine?
12. Pastorale.
13. Del resto, coloro che non capiscono questo o non vogliono capirlo, e ci assegnano motivi meno degni perché menzioniamo gli ebrei in seno al Concilio, o non vogliono vedere la verità o manifestano un’ignoranza crassa e supina della storia dell’umanità.
14. Righe 28-32.
15. Nel modo più solenne possibile.
19. Sua Eccellenza Jerome Joseph Podestà
Vescovo di Avellaneda (Argentina)
Venerabili fratelli, osservatori, diletti uditori maschi e femmine,
Siete già sazi. Siete già diventati ricchi. Dal momento che, però, parlo a nome di molti vescovi dell’America Latina dirò qualcosa sulla dichiarazione riguardante gli ebrei. Cioè,1diciamo che siamo molto contenti dell’idea di questa dichiarazione, sia per la forma sia per il testo stesso.2
Infatti, la forma della dichiarazione comporta un certo carattere di solennità, consono alla gravità dell’oggetto trattato.3
Per quanto riguarda il testo stesso, va notato che è più ricco4del precedente, proposto l’anno scorso;5con in più, naturalmente,l’aggiunta della menzione della fraternità universale, e quella speciale dei musulmani, che alcuni Padri orientali non approvano, e6l’esplicita condanna di ogni tipo di discriminazione, che riflettono la mente del nostro Supremo Pontefice nella sua Lettera Enciclica Ecclesiam Suam, recentemente pubblicata.7 Tuttavia, alcune proposte sono offerte8per la comprensione, come sembra9del testo, che dovrebbe essere e sarà letto non solo dai cattolici, ma anche dai non-cristiani.10Ecco le proposte:11
1. Righe 31 e ss., n. 32 dov’è detto: “Abbiano cura inoltre di non far pagare agli ebrei quello che è stato fatto nella Passione di Cristo” – dopo la parola “inoltre” siano aggiunte le seguenti parole:12“di non far pagare al popolo ebraico come tale, e ancor meno agli ebrei del nostro tempo, il decidio”, ecc., come si trova nel testo citato sopra.13 Quindi, alla fine di questo comma, siano aggiunte queste parole (già parte della bozza precedente) cioè:14“Nell’economia della salvezza, che include tutti i popoli,15 il Signore stesso ha lavato via con la sua Passione e morte i peccati di tutti i popoli, che furono la causa della Passione e Morte di Nostro Signore.”16La ragione delle due aggiunte è che l’accusa di deicidio, talvolta anche oggi rivolta contro agli ebrei come se fossero una nazione condannata,17non è sostenibile teologicamente e porta grave danno, com’è ovvio, alla stima e alla dignità degli ebrei stessi. Le parole che poi seguono si trovano nella prima versione della bozza.18
2. Sarebbe meglio trasferire la proposizione della speranza escatologica espressa alle righe 23-28 dello stesso n. 32, alla fine del n. 33, vale a dire dopo la menzione delle altre religioni non-cristiane e dei musulmani in modo tale che, con il testo così cambiato, oltre all’aggiunta dell’aspettativa dell’unione del popolo ebraico con la Chiesa nell’unico popolo di Dio, vi sarebbe anche l’espressione del desiderio dell’unione di tutti i popoli nel Regno di Dio.Motivo: secondo l’Apostolo nella lettera ai Romani19 l’interezza delle nazioni dovrebbe entrare e dopo “Israele viene salvato”. Oltre a ciò, esiste un vero pericolo che gli ebrei possano capire le parole del passaggio che ho letto ora,20come dirette alla loro conversione mentre niente di simile è detto per le altre religioni. D’altra parte, l’aspettativa21della nostra unione escatologica con il popolo di Israele è22 assolutamente speciale, ed ha23un posto speciale nel Nuovo Testamento.
Il testo proposto è il seguente: “La Chiesa crede fermamente che tutti i popoli sono chiamati a perseguire l’unità nel Regno di Dio; essa considera il raggiungimento di questa unità, attraverso il ministero della parola e l’esempio, una parte speciale del suo compito. In più, vale la pena ricordare che il mistero dell’unificazione del popolo ebraico con la Chiesa è parte della speranza Cristiana”.
3. Alla fine del n. 32 sarebbe utile aggiungere una dichiarazione esplicita che precluda ed eviti ogni interpretazione politica del testo riguardante gli ebrei. Tale dichiarazione potrebbe essere espressa con le seguenti parole: “Il Sacro Sinodo dichiara apertamente che quanto viene detto qui a riguardo degli ebrei ha solo un significato religioso, e non nasce in nessun modo da considerazioni politiche, nè viene indirizzato a fini politici. Perciò, non sarebbe giusto24distorcere questa dichiarazione dottrinale in qualsivoglia senso politico, come se il Concilio avesse voluto parlare in favore o contro qualcuno in merito a questioni politiche”.
La ragione è, come pare evidente, la complicata questione del Medio Oriente.
Un’osservazione in certo modo minore:25nella riga 6 del n. 32, “fuori dalla terra di schiavitù” potrebbe essere espresso “Fuori dalla terra dell’esilio”, in modo da non causare fastidio nè all’Egitto nè alla Mesopotamia (l’attuale Iraq), Grazie.
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Nel testo scritto consegnato:
1. Mancante.
2. Il quale, nondimeno, sembra avere bisogno di alcuni miglioramenti.
3. Di fatto, è meglio trattare questo in una dichiarazione speciale che nel capitolo Sull’Ecumenismo della bozza, come fatto in precedenza.
4. Sotto alcuni aspetti.
5. Mancante.
6. Riguardante.
7. Mancante.
8. Perciò.
9. Mancante.
10. E invero specialmente dagli ebrei in quanto la dichiarazione riguarda loro, e la cui aspettativa è grande, come giustamente sappiamo dal testo stesso.
11. Ne proponiamo alcune.
12. Al suo posto sia detto: facciano inoltre attenzione.
13. Quanto accaduto nella Passione di Cristo sia attribuito.
14. Infine, si deve sempre tenere a mente che.
15. Mancante.
16. Cf. Lc 23, 34; At 3, 17; 1Cor 2, 8.
17. E’ storicamente infondato riguardo al popolo come tale e.
18. Non sembra ci sia motivo di cancellare ma, d’altra parte, presta il fianco ad una falsa interpretazione.
19. 11, 25.
20. Di far loro profanare la semplicità di intenzione di questa dichiarazione.
21. L’apettativa, bisogna confessarlo.
22. Essere speciale.
23. Ottenere.
24. E perciò non giusto.
25. Mancante.
[Nomi dei vescovi che hanno concorso:] Chile; Silva Henriquez, Silva Silva, Salas Valdès, Valle, Valenzuela, Fresno, Castro, Tagle, Larraín, Salinas, Sánchez B., Oviedo, Yañez, Hartl, Santos, Piñera, Durán, Menchaca, Gillmore. Paraquay: Benitez. Bogarin, Maricevich, Sosa. Uruquay: Balaguer, Cabrera, Cárceres, Mendiharat, Nuti, Partelli, Viola, Baccino. Ecuador: Garaigordobil. Mexico: Méndez Arceo. Bolivia: Manríquez, Gutierrez. Argentina: Plaza, Segura, Quarracino, Pironio, Devoto, Aguirre, Tato, Zaspe, Angelelli.
20. Sua Eccellenza Joseph Tawil
Arcivescovo titolare di Myra, vicario del patriarcato dei Melchiti (Stati Uniti)
Venerabili fratelli,
Non possiamo discernere un oggetto o un proposito definiti per questa bozza. Si tratta di affermare che la Chiesa ha la sua origine dalla Sinagoga; che Cristo, e la sua santa Madre e gli apostoli hanno la loro origine dal popolo eletto, dal popolo delle Sacre Scritture e dei profeti? Nessuno nega questo.
Si tratta di assolvere la nazione ebraica del nostro tempo dall’assassinio di nostro Signore Gesù Cristo? Ma Cristo stesso li ha risparmiati, e tutti i cristiani degni di questo nome devono fare lo stesso. O vogliamo evitare il fatto che gli ebrei del nostro tempo sono giudicati responsabili per i crimini dei loro padri? Ma questo crimine non può più essere ascritto a loro più del peccato originale, molti crimini nazionali e genocidi possono essere attribuiti all’umanità intera.
Oppure la dichiarazione conciliare vuole condannare l’antisemitismo in tutte le sue forme, le discriminazioni basate sulla razza, o sulla religione, ecc.? Ma se questo è il caso, perché ci occupiamo solo degli israeliti? Non dovrebbe, questo sacro concilio, fare riverente memoria, per esempio delle chiese cristiane “del silenzio” che soffrono la persecuzione per la fede?
Il sacro Sinodo ha sempre pesato con cura straordinaria gli effetti dei suoi atti e delle sue dichiarazioni. Ora, tuttavia, questa dichiarazione favorevole agli ebrei non tocca forse un problema scottante, che non si è estinto? Questa dichiarazione non minaccia la pericolosa ed infelice terra di Palestina, fuori dalla quale migliaia e migliaia di arabi sono stati ingiustamente e violentemente espulsi, strappati via dalle loro terre e case dal popolo al cui favore il Concilio sta facendo questa dichiarazione? Forse questa dichiarazione non comporta il pericolo di alienare in un solo momento la completa simpatia di questi popoli verso la Chiesa cattolica? Qual è lo scopo della dichiarazione conciliare sui musulmani quando la loro amicizia1 è già stata persa? Ora, è veramente questo che il Concilio vuole perseguire? Non ha forse dichiarato fin dal primo giorno, il card. Bea, che dobbiamo scegliere una politica della porta aperta? Questo modo di agire è piuttosto un chiudere la porta, non aprirla.
Venerabili fratelli! Diverse bozze, durante il Concilio, sono state cambiate perché il loro carattere pastorale o ecumenico era insufficiente. Con questo titolo, piccoli lavori sono stati completamente rifiutati. Noi chiediamo onestamente che i Padri Conciliari giudichino inopportuna una dichiarazione che potrebbe portare serio danno alla Chiesa, e alienarsi interi popoli musulmani2. Chiediamo infine che votino non placet e che sia fatta al suo posto un’altra dichiarazione che condanni l’antisemitismo e qualunque altra discriminazione. Ho detto.
___________________
Nel testo scritto consegnato:
1. Affetto.
2. Mancante.
21. Sua Eccllenza Joseph Descuffi
Arcivescovo di Smyrne (Turchia)
Venerabili fratelli,
Perdonate l’ultimo oratore.1Nella nuova ed adeguata bozza del decreto Sull’Ecumenismo la seconda dichiarazione riguardante gli ebrei e i non-cristiani sembra utile anche alla difesa della memoria di Papa Pio XII in riferimento alle calunnie diffuse nel mondo su questa faccenda. Ma poiché questa dichiarazione non è ispirata3da sentimenti umani ma da uno Spirito di fede e2da pura carità nei confronti di tutti i non-cristiani, speriamo, non invano, che produca nei loro cuori con l’aiuto di Dio, benefici di fraternità e cooperazione, e non il frutto amaro del sospetto discordante4o il disordine politico. Ho visto con5 gioia alla fine del paragrafo 336il nome dei musulmani7legato al nostro comune padre, Abramo, non attraverso Israele ma attraverso Ismaele, figlio di Agar.
Non possiamo negare quanto detto in questo passo sulla loro fede in Dio uno, che è personale e che retribuisce, sul loro senso religioso, sul loro accesso, in certi ambiti,8ad un grado più perfetto di cultura umana. Invero, mi sia consentito aggiungere, a loro merito, che nella loro fede si trovano molti di quegli elementi che sono in comune con i nostri, che furono presi in prestito.Premesso che non conoscono la Trinità, l’Incarnazione e la Redenzione, essi riconoscono però Gesù come vero9profeta.
Moderatore: Vostra Eccellenza, questo è stato già detto da altri Padri. Per favore, voglia concludere perché il suo tempo è già scaduto.
Oratore:... e insegnano che verrà a giudicare i vivi e i morti, anche musulmani. Riconoscono molti suoi miracoli10e la sua nascita miracolosa. Riconoscono l’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, la sua purezza, la sua verginità e la sua singolare perfezione e la pregano come loro Madre con cuore devoto e sincero, ne supplicano con fiducia e ne ottengono favori meravigliosi, guarigioni e, direi, miracoli.
Ciò che sto riferendo non è il frutto dell’immaginazione o esagerazione o la speranza di qualche guadagno, ma il frutto di dieci anni di esperienza, vista coi miei occhi ad Efeso, in un luogo chiamato Panaga Kapulu, che vuol dire la Casa di Maria o di Nostra Signora Maria11. Dieci anni fa abbiamo visto circa un centinaio di migliaia di musulmani all’anno riunirsi con lo stesso numero di cristiani, l’unico luogo al mondo dove questo accade, e venerare insieme a loro la Vergine Maria, la madre di Gesù!
Se in questi atti singoli possiamo unirci ai musulmani: l’osservanza della legge naturale scritta nel Decalogo, l’elemosina, il digiuno e la preghiera, l’esercizio dell’ospitalità, ci è permesso trovarli più vicini agli ebrei.
Perciò, se un dialogo divino è già felicemente iniziato tra la Beata Vergine Maria ed i musulmani, perché non esprimiamo la speranza per un dialogo terreno12con loro, umanamente basato sulla sincerità e la carità, con il desiderio della cooperazione pacifica insieme a una vera libertà religiosa, al livello sociale e politico, in modo che sia chiaro a tutti che abbracciamo nella medesima carità tutti i nostri fratelli e sorelle come esseri umani13figli di Dio, così che tutti15possano beneficiare della verità e della vera14felicità che Dio ha promesso agli uomini di buona volontà.
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Nel testo scritto consegnato:
1. Mancante.
2. Da quello
3. Mancante.
4. Mancante.
5. Grande.
6. Pagina 8.
7. Iscritto.
8. Mancante.
9. Lacking.
10. Raccontano di quelli [miracoli] fatti da lui, presi sfortunatamente dai Vangeli apocrifi.
11. Mancante.
12. Mancante.
13. Mancante.
14. Mancante.
15. Ho già consegnato al Segretariato per i Non-Cristiani delle osservazioni riguardanti il modo di condurre il dialogo con i musulmani ed il resto dei non-cristiani, e quindi termino qui il mio discorso che altrimenti vi annoierebbe
[1]Riga 25 della seconda dichiarazione p. 1.
[2]Come posso dire
[3]Riga 18
[4]Similmente dico che è ingiusto.
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Documento inserito il 12/08/2015
Relazioni Ebraico-Cristiane
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